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onde su la sua sepoltura le fu attaccato quell’ingegnoso e maledico epitaffio, il quale essendo portato a la nostra signora Ippolita Sforza e Bentivoglia, vero specchio d’ogni vertù, fu cagione che de l’onestà de le donne quel tanto se ne ragionasse che alora si disse, ove voi ed io eravamo presenti. Ci furono di quelli che non troppo profondando i loro pensieri dicevano non dover esser le donne più astrette a le leggi de la vita pudica che siano gli uomini. Altri affermavano non poter aver la donna cosa più convenevole in lei nè di più eccellenza che l’onestà, recitando il bello e moral sonetto del Petrarca: «Cara la vita, e dopo lei mi pare», ecc. Quivi conchiusero altri che quanto più la donna è d’alto legnaggio che tanto più è tenuta a viver onestamente, perciò che la vita di quella è come uno specchio e norma data per essempio a l’altre di minor grado. E insomma si venne a questo, come ben ricordar vi devete, che ogni donna di qualunque stato si sia, come ha perso il nome de la pudicizia ed è tenuta impudica, ha perduto quanto di bene ella in questa vita possa avere. Il che affermando, la signora Ippolita disse che se la donna ha tutte le vertù del mondo e non sia pudica, che questa impudicizia reca seco sì pestifero veleno che tutte l’altre doti ammorba; come per il contrario una donna onesta, ancor che altro dono non abbia, sempre sarà lodata. Quindi si passò a parlare de la impudica vita d’alcune donne molto famose così antiche come moderne, le quali quantunque fossero di grandissimo legnaggio ed imperadrici del mondo, nondimeno perciò che vissero disonestamente sono in poco prezzo e non si nomano dagli scrittori se non con titolo d’infamia. Era in questi ragionamenti il gentilissimo messer Ippolito Pietrasanta gentiluomo di Milano, il quale narrò un impudicissimo amore di Faustina, figliuola d’Antonino Pio imperador romano e moglie del buon Marco filosofo e successore ne lo imperio del padre di lei. Voi mi diceste alora che io farei bene a scriver questa mia istoria. E così avendola scritta ve la mando, pregandovi, quando ci averete la comodità, che la vogliate far vedere a la signora Giovanna Trotta e Ghisa vostra sorella. State sana.