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lettera scriveva così: – Al molto magnifico suocero e padre mio onorandissimo, – titolo che solamente ad onorevoli gentiluomini e cavalieri dar si costuma. Con questi suoi appetiti di grandezza era entrato in un fantastico umore, che averebbe voluto che, avendo la signora Clarice un’onorata madrona per governatrice de le damigelle, avesse mandata via quella e fatta sua moglie per tal donna d’onore, e che a mensa se l’avesse tirata appresso ed onorata come madrona di grado. E a questo non mancò egli con mille sue fantastiche invenzioni. Ma il forsennato non s’accorgeva che cercava un corvo bianco e che l’altre donzelle erano tutte nobili e di più chiaro sangue de la moglie. E perchè elle quella non onoravano nè tenevano per maggiore, come egli cercava e voleva, altro mai non faceva che biasimarle e dirne tutti i mali che di loro ne la mente gli cadevano. Medesimamente averebbe voluto che quanti gentiluomini erano e praticavano in corte avessero adorata questa sua Zanina, chè così sua moglie aveva nome, come i turchi adorano l’arca di Maometto; e da l’altro canto n’era tanto geloso che non poteva sofferir che veruno la guardasse, di modo che Salomone non averebbe saputo trovar mezzo d’acquetar il cervello di costui. Aveva poi una solenne vertù, che aveva la più velenosa lingua del mondo, perchè di quanti ufficiali ed altri uomini e donne di casa riportava male a la padrona, trovando tutto il dì, come a Genova si costuma a dire, varie moresche per metter ciascuno in disgrazia de la signora, non potendo smaltire che altri più di lui nè a suo pari fosse da lei accarezzato. Ora voi sapete bene esser comune usanza che le damigelle de le signore, le feste e gli altri dì quando sono scioperate e che vien a casa loro onorato forestiero, che per onorarlo e festeggiarlo si danza, si suona, si canta, si gioca a’ giuochi festevoli e si sta sui piaceri, cicalando insieme allegramente di varie cose; ed ancora che non ci sia amore, si costuma perciò, per l’ordinario, da tutti i galanti gentiluomini far il servidore con le damigelle e servirle ed onorarle, pigliandone una per sorella, l’altra per cognata, l’altra per figliuola, l’altra per zia e talora in burla per consorte, e con simili titoli intertenersi e donarsi dei favori. Ma quando tal caso avveniva, non voleva Gandino che sua moglie ballasse, che con stranieri tenesse ragionamenti, nè di brigata con l’altre si diportasse, anzi ne faceva romore con la signora e dicevale che le sue donzelle erano mal costumate, presontuose, innamorate e troppo baldanzose, e che non stava bene che tanto con gli stranieri ed altri si dimesticassero. Tuttavia il buon Gandino, quando