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aveva alcune liti, e nel viaggio altro mai non faceva con il servidore che seco di compagnia andava se non parlare di questa sua donna, e diceva infinite volte: – Oimè, ora che fa la mia cara consorte? chi le attende? chi la serve? chi ha di lei cura? Io so bene quando non ci sono come ella deve esser trattata e quanto bisogneria che io ci fossi, perchè in quella corte è pochissima discrezione. La poverella mi deve certamente desiderare. Caminiamo di grazia e non perdiamo tempo a ciò che a buon’ora arriviamo a casa, chè io so bene che senza me ella non sta bene e patisce pur assai. – E così l’appassionato Gandino farneticando rompeva il capo, cavalcando, a colui che seco era, e voleva che il cavallo tanto caminasse quanto il suo cervello volava, chè aveva più ale chimeriche che non hanno ale i parpaglioni, così variamente da la maestra natura dipinti. Ma, che peggio mi pare, egli era sì impazzito dietro a questa sua moglie che in Milano mai non parlava con i senatori, avvocati, procuratori, notari o altri, che la moglie non ci intervenisse, dicendo a tutti quanto era gentile e bella, e da la sua padrona favorita, di maniera che veniva in fastidio a tutti e si faceva conoscer che era di poca levatura e che aveva scemo il cervello, avendo venduto tutto il pesce che pur una scaglia sola non era ne la zucca rimasa. Onde fu la signora Clarice da un onorato cavaliero e conte avvertita che non mandasse più Gandino a negoziare, perciò che tutti i negozii suoi erano in parlar de la moglie e de le sue mercadanzie che faceva, e poi ritirarsi con la signora sua consorte. Chè bene spesso, quando si trovava in parte ove la condizion sua non si sapesse, egli soleva farsi gran barone e dire che a casa sua era stato ricco, ma che trasportato da la giovinezza e amore aveva logorato il suo dietro a bellissime gentildonne ed al giuoco, e che a casa non voleva tornare se non straricchiva, come sperava in breve, con le sue mercanzie, quasi che fosse stato Agostino Ghisi o Ansaldo Grimaldo. E così ser Gandino si pasceva di queste sue chimere, lodandosi sempre e dicendo che da tutti era onorato ed apprezzato se non a Gibello. Diceva anco più volte ai servidori ed altri che troppo non l’avevano in pratica, che credeva bene che a Milano ed altrove gli era fatto onore per rispetto de la signora Clarice, ma che molto più era rispettato per la sua gentil natura e buone maniere, facendosi a posta sua cristeri d’acqua fredda. Come già v’ho detto, suo suocero era poverissimo uomo; ma Gandino per magnificarsi, quando gli scriveva, nel sovrascritto de la