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Maritato che fu e divenuto possessore di colei che tanto desiderata aveva, se prima era geloso, alora divenne gelosissimo, e sì era da la gelosia offoscato che gli pareva che non gli uomini, ma che le mosche volanti per l’aria devessero questa sua moglie portar via ed inghiottirla e trangugiarla. Onde divenne insopportabile e acquistò in pochi dì la malevoglienza dei grandi e piccioli, e da tutti era odiato come il fistolo, non sapendo più moderar le passioni. La giovane che nodrita era in corte ed avvezza a vivere in libertà, e ragionare e burlare scherzando e motteggiando con ciascuno senza rispetto, veggendo la fiera gelosia del marito viveva molto mal contenta, nè ardiva nel principio sfogarsi con persona, perciò che le era stato detto che ella verrebbe a queste zuffe, e da molti fu essortata a non prenderlo per marito, perchè se ne troveria la più mal contenta donna che vivesse. Ma poi che egli senza fine ingelosito non voleva che ella con persona favellasse, e quando le altre donzelle giocavano o ballavano non permetteva che di compagnia si trastullasse, e tutto il dì acerbamente la sgridava e proverbiava, ella non puotè tanto sofferir e celar la sua mala contentezza, che vinta la sua pazienza fu astretta a lamentarsi, e a dir più volte a molti: – Io mi truovo così mal sodisfatta di questo mio marito che io non so che mi fare. Egli diventa pazzo e più fastidioso che il mal del corpo. E certamente con ragione mi fo a credere che non si possa truovar uomo più sospettoso e fantastico di lui. Egli non mi si parte da lato già mai e vuol saper tutto ciò ch’io faccio e parlo, e di più vuole che io gli dica tutti i miei pensieri. Ma io sarei ben di lui più pazza e da incatenare se io dicessi a lui ciò che io mi penso. Sì sì, egli saperà i miei pensieri: mi duol pur troppo che io gli debbia dire a chi mi confesso la quaresima. – Averebbe ella voluto, come prima faceva, star su l’amorosa vita ed intertenersi cicalando con questo e quello, e talora così in fuga dare e tòrre di quei dolci baciucci dolci e saporiti; ma ser Gandino non l’intendeva di cotal maniera, chè a pena in Francia averebbe sofferto che il delfino l’avesse basciata. Le faceva adunque in capo i maggiori romori che mai si sentissero, nè da canto a lei si partiva già mai se non quanto era necessario che per i servigi de la padrona talora se ne allontanasse. Egli fu più e più volte sentito lamentarsi seco e dirle quasi piangendo: – Core del corpo mio, questa mi par pur una gran cosa, che io non vorrei mai esser altrove che dove voi sète e che a voi rincresca così lo starvi meco e che più vi piaccia la compagnia de le donzelle, che la mia che vi amo assai