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che non è molto questo Gandino, nato nel contado de la città di Bergamo d’umil sangue e popolare, poi che in varie parti e regioni d’Europa fu stato a’ servigi di molti e vide che profitto nessuno non traeva, non potendo a Bergamo per molti errori commessi ritornare, e massimamente per aver ingannata una gentildonna di certi anelli di valuta di dugento ducati, s’acconciò con la signora Clarice Malaspina, che era restata vedova per la morte del marchese Fedrico Palavicino signor di Gibello e d’altri luoghi, e quella serviva in tener conti de le entrate e de le spese ed altri maneggi de la casa. Egli di già s’era essercitato in cose mercantili, e di tener libri di conti era molto pratico. Nel principio che entrò in casa fu da tutti ben veduto, perciò che sapeva navicar sotto acqua e dissimular i vizii suoi accomodandosi con gli altri; ma troppo non stette che cominciò a dar il saggio de la sua cattiva natura. Egli fieramente s’innamorò di una donzella d’essa signora Clarice, che per l’amor di Dio aveva presa in casa, perchè i parenti di quella erano poverissimi. Ella era non molto bella, ma un poco appariscente ed allegra molto, e con tutto questo, altiera, superba e ritrosa. E come ne le corti si suole, aveva sempre dui e tre innamorati. Al bergamasco nel principio, che che se ne fosse cagione, non dava orecchie, del che egli indiavolava e faceva fuor di misura l’appassionato. E così innanzi andò la bisogna che egli miseramente ingelosito venne a romore con ciascuno, non solo con chi parlava con la giovane, ma con chi pur la guardava, onde ne furono per riuscire di molte questioni. Ed ancora che ella poco l’amasse, perchè diceva che fieramente il naso gli putiva e che non poteva sofferir quel gran puzzo, nondimeno egli che era presuntuosissimo ed ostinato come un mulo, non mancava di continovo di tenerla sollecitata con lettere e messi, ed ogni volta che poteva parlar seco le era sempre ai fianchi e le faceva tutta quella abbietta servitù che uomo possa far a donna. E forse avvertito del puzzo del naso da altri, o che ella gliene facesse motto, cominciò tutto il dì a profumarsi di zibetto e portar altri odori a dosso. Ma tanto non sapeva fare che egli non sonasse di continovo il corno de l’Amostante, e sì stranamente putiva che talora venticinque e trenta passi lontano, quando si scaldava o da soverchia fatica sudava, il lezzo caprino del suo puzzolente naso si faceva sentire. Ora non ostante questo, tanto dietro a questo suo amoraccio si riscaldò e sì seppe dire e fare, che la signora Clarice, pensando levar via i romori e le querele de la casa che tutto il dì la molestavano, gliela diede per moglie.