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come ora abbiamo poter narrare la millesima parte de le vertù di cotestui. Elle sono tali e tante, che non ci basterebbe un’età, non che così breve ora, a dirlo. Ma se ne dirà qualcuna di quelle che prima occorreranno a la bocca. Ed io seguitando dico che innanzi al conseglio marchionale s’agitava piatendo una lite tra un nostro mantovano e madonna Lodovica Torella, donna di grandissimo ingegno e d’animoso core. Favoriva l’arcifanfalo quanto a lui era possibile l’avversario di madonna Lodovica, ed in ogni cosa che poteva offender questa gentildonna, il faceva molto volentieri. Il che essendole manifesto, tentò più volte voler intender la cagione perchè il pecorone le fosse così acerbamente contrario; ma altro non intese se non che egli era amicissimo di colui che seco piativa. Onde si deliberò nel publico conseglio farli conoscere che la sua vita era a tutti nota. Il perchè ritrovandosi un dì innanzi ai signori di conseglio, l’arcifanfalo non puotè contenere che fuor di proposito non dicesse non so che contra madonna Lodovica. Ella, che è bella parlatrice ed audace, modestamente sorridendo ai signori consiglieri si rivoltò e con piena voce disse: – Non vi meravigliate, signori, se monsignor l’archidiacono sì fieramente mi perseguita e in ogni azione a me pertinente m’è contrario, e se me che donna sono cerca egli di cacciar de la possessione dei miei beni paterni; perciò che egli fa secondo il suo consueto, il quale sono molti anni che, come tutti sapete, ha levato il loro ufficio a le donne, e per quanto è in lui vorrebbe che tutte le donne fossero morte. – Con queste parole parve a la gentildonna assai onestamente aver la viziosa vita del suo nemico scoperta e quello acerbamente morso, se egli avesse temuto vergogna. Ma il valentuomo era cornacchione di campanile, che per sonar che facciano le campane non si muove. Avendo il signor Alessandro al parlar suo posto fine, messer Alessandro Baesio compagno d’onore di madama marchesana, uomo molto attempato ma molto piacevole, così disse: – E’ mi rincresce pur assai che messer Mario Equicola, precettore di madama nostra, non sia qui, perchè ragionandosi di questo pazzerone averebbe mille belle cosette da dire. Egli subito dopo desinare è andato a Mantova e non ritornerà fin a l’ora di cena, e quando saperà di questa compagnia e del ragionamento che si fa, si vorrà disperare che non sia stato anch’egli a dir la sua. Egli, come tutti sapete, è uno di quegli uomini dei quali tutte le corti vorrebbero esser piene, perciò che oltra che è un archivio di lettere e fin da fanciullo in molte corti nodrito, è poi soavissimo compagno, arguto, faceto, pronto, buon