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mani, facendo il maggior strepito del mondo, di modo che pareva che in quella casa fosse il giorno del giudizio. Cornelio che sentiva il tutto diceva tra sè: – Aiutimi Iddio, mò che diavolamenti son questi? – Il padrone voleva pur scusar i suoi e se stesso e dir che era poco innanzi mezza notte venuto di villa con tutti quei suoi, ma nulla gli giovava, perciò che tutti, che furono nove, in quell’ora furono condutti in corte a le prigioni del capitano di giustizia. Madonna Camilla, veggendo quest’altra disgrazia, piangeva dirottamente. Tuttavia sapendo il marito con i suoi di casa esser di quello omicidio innocente, ringraziava Iddio che questo avvenuto fosse per poter liberare il suo fedel amante. Onde fatto serrar la porta e mandato il canevaro con i paggi e le donne a dormire, entrò con la sua cameriera ne la camera ove Cornelio aspettava il Messia. E venuta sotto il camino, asciugate le lagrime e tutta ridente a Cornelio disse: – Anima mia dolce, che fate voi? come state? Ora potete voi sicuramente scender giù, chè Iddio per schifar maggior scandalo ha permesso che il signor mio consorte con una gran parte dei suoi servidori sia stato condotto a la corte. – La donzella, posti gli scanni come prima, insieme con la madonna gli tenne saldi. E Cornelio soavemente discendendo fu da la sua donna lietissimamente raccolto. E così di brigata ascesero di sopra e allumato un buon fuoco e Cornelio lavatesi le mani e il viso, che erano in parte da la caligine tinti, e cacciato via il freddo che nel camino preso aveva, a lato a la sua donna in letto si corcò di modo che colse il frutto del suo fervente amore, più volte con la donna de le occorse disaventure ridendo. La matina a buon’ora fece la donna andar l’amante in un camerino, ove egli commodamente di tutto quello che gli bisognava era da la donzella servito, e la madonna a suo agio quando voleva v’andava. Poi mandato per i suoi parenti, diede ordine a la liberazione del marito, narrando loro tutto il successo com’era seguito. Ma la cosa andò più in lungo di quello che si credevano, con ciò sia cosa che fu bisogno mandar a Novara un notaio de la corte per essaminar testimonii, e così anco a la villa ove avevano cenato per provare quanto il padrone de la casa con i suoi diceva, di modo che ci corse lo spazio di sei giorni prima che uscissero di prigionia. Ed in questo mezzo Cornelio tenne compagnia tutte le notti a la sua donna, a ciò che non dormisse sola e la fantasma forse le desse noia. Sapendo poi ella che il marito doveva venir a casa il dì, quella matina a buon’ora dopo mille abbracciamenti mise l’amante fuor di casa, ed egli andò di lungo a l’albergo.