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sua cara donna contemplava. A la fine, rotto il dolce e sospiroso silenzio, cominciarono a ragionare e narrarsi le lor passioni amorose, ed ai ragionamenti loro ebbero la fortuna assai favorevole, perciò che ancora che mascherati ed altri gentiluomini passassero per quella contrada, nessuno pertanto, veggendo la donna a stretto ragionamento con un mascherato, vi s’accostò, di modo che fin a l’imbrunir de la notte ebbero agio di dire quanto loro aggradiva. La donna fieramente il riprese che a sì periglioso rischio egli si fosse posto e che, pur avendo deliberato venire non fosse venuto a tempo, imperò che ella d’ora in ora il suo consorte attendeva. Cornelio le mostrò la lettera, onde, leggendola ella, s’accorse che s’era ingannata di più d’otto dì del termine de la partita di suo marito, e restò forte sbigottita. Nondimeno ella venne con l’amante in questo accordio, che ella a le quattro ore di notte l’attenderia, e da la donzella, che era de l’amor suo consapevole, lo farebbe metter in casa, facendo egli un certo segno. Ma se quella sera il marito a caso fosse venuto, egli come avesse fatto il segno sentiria a una de le finestre de la sala grande la donzella che diria: – Io aveva pur posto qui su il pettine e non ce lo truovo. – Cornelio, avuta questa promessa, lieto oltra modo a l’albergo ritornò e fece una picciola colazione, e sentendo al brolletto dar il botto de le quattro ore, armato di giacco e maniche con guanti di maglia, prese una spada d’una mano e mezza, e verso la stanza de la sua donna se ne andò. Ove giunto che fu, attese che l’uscio se gli aprisse. Mentre che egli in questa aspettazione dimorava, sentì non troppo lunge da sè far una gran mischia d’armati che si percotevano molto fieramente, ed uno venir correndo e gridando: – Oimè che io son morto; – il quale dinanzi la porta de la donna cascò in quello a punto che la donzella l’aprì e che Cornelio dentro entrò. Era la notte molto oscura, di modo che senza lume niente si vedeva. Ma per la mischia ed il romor che si faceva, furono pur alcuni dei vicini che a le finestre con lumi si fecero, di maniera che uno che di rimpetto a la donna stava vide Cornelio con l’ignuda spada in mano entrar ne la detta casa. Cornelio aveva ben sentito cascar in terra uno quasi dinanzi ai suoi piedi, ma egli altra stima non ne fece, non pensando ciò che si fosse, chè il core ad altro rivolto aveva. Entrato in casa, fu da la donzella messo in una camera tra la pusterla e la porta de la casa a ciò che quivi attendesse fin che Camilla venisse. La quale inteso da la donzella come l’amico era venuto, fingendo non si sentir troppo bene, volle che ciascuno andasse a dormire. I servidori, non ci