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Milano venuto, quando si sperava che egli il duca di Borbone Carlo di Francia, che dentro a nome del re cristianissimo ci era, ne cacciasse, fatta levar l’oste, con frettolosi passi ne la Magna se ne fuggì. I fuorusciti alora, perduta la speranza di ricuperar la patria, attesero alcuni di loro col mezzo de la clemenza del re Francesco, il quale a molti di ciò fu cortese, a tornarsene a casa; altri andarono a Trento sotto l’ombra di Francesco Sforza duca di Bari, altri a Roma, altri nel regno di Napoli ed altrove. Ritornarono alcuni a Mantova, tra i quali messer Cornelio, chè così mi piace non senza cagione un nobilissimo e vertuoso gentiluomo nomare, ed io in Mantova ci fermammo. Era il giovine di venti quattro anni, grande, ben formato e molto bello e prode de la persona e di molte vertù dotato e dei beni de la fortuna ricchissimo, al quale la madre, che in Milano era ed aveva con arte serbato il patrimonio, mandava tutto quello che gli era bisogno, ed egli teneva casa in Mantova bene in arnese di vestimenti, cavalli e di famiglia. Egli prima che partisse da Milano si era, come ai giovini interviene, innamorato d’una giovanetta nuovamente maritata e molto nobile e bella, la quale, per non dar materia di qualche scandalo, altrimenti non mi par di dever drittamente nomare, onde Camilla la diremo. Il giovine, come colui che era gran partegiano dei sforzeschi, prima s’era molto adoperato a la venuta di Massimigliano Cesare a ciò che la patria ricuperasse, poi di continovo teneva strettissima pratica col duca Francesco Sforza, e spesso andava a Trento e non mancava tramar quanto poteva a ciò che il duca sforzesco in Milano se ne ritornasse. Ma in tutti questi traffici, in questi maneggi ed in tanti travagli non si poteva egli cavar di pensiero la sua donna, a la quale giorno e notte pensava; e molto più a lui doleva non poter vederla ed esser seco che non faceva l’esser bandito da Milano. Era questa Camilla, la quale così Cornelio ardentemente amava, fanciulletta, imperciò che a vent’un anno ancora non arrivava, ed era tra le belle di Milano riputata la più bella. E ben che tra lei e Cornelio non fosse ancor effetto nessuno d’amor seguito, nondimeno ella, che la lunga servitù e il vero amore e la singular modestia di lui aveva chiaramente a molti segni compreso, lui di core amava, e dolente oltra modo ch’egli partito si fosse, più volte questa partita pianse. Non era tra lor occorso che comodamente insieme d’amor parlassero, ma per via di colui che la carretta di lei conduceva s’avevano più e più volte scritto, ed il carrettiero, per esser alcun tempo stato al servigio de la madre di Cornelio, molto volentieri quello