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una chinea guarnita di velluto cavalcava molto leggiadramente. Ella aveva in capo un cappello vagamente acconcio, con un pennacchio dietro che parte dei capelli le copriva. L’altra parte intorno al volto in due chiocchette crespe ondeggiando, pareva che proprio dicesse a chi le mirava: – Qui Amore con le tre Grazie e non altrove ha il suo proprio nido collocato. – Pendevano poi da le belle orecchie duo finissimi gioielli, e in ciascun di loro si vedeva una preziosa perla orientale. Scoprivasi l’ampia ed alta fronte di condecevol spazio, nel cui mezzo un finissimo diamante legato in oro scintillava, come nel sereno cielo le vaghe stelle talora raggiar si veggiono. Le nere come ebeno e stellanti ciglia, di minutissimi e corti peli inarcati, con debita distanza ai dui begli occhi sovrastavano, il cui splendore la vista di chi vi mirava in modo accendeva, che tutto di vivo fuoco far si sentiva, e chi fiso quelli guardava, così s’abbagliava come fa chi fiso vuol mirar l’ardente sole quando di giugno nel mezzo del puro cielo fiammeggia. Con questi poteva ella uccider ciascuno e, volendo, di morto render vivo. Il profilato naso, quanto al resto del vago volto conveniva formato, le rosate guance ugualmente divideva le quali di viva bianchezza ed onesto rossor cosperse parevano proprio duo rosati pomi. La picciolina bocca aveva duo labra che dui lucidi e fini coralli parevano. Quand’ella poi parlava o rideva, alora due filze di perle orientali si discoprivano, da le quali tale e sì soave armonia uscir si sentiva, con tanta grazia del parlare, che i più rozzi e scabri cori averebbe molli e piacevoli resi. Ma che dirò de la bellezza del vago mento? de la eburnea e candida gola? de le marmoree spalle? e de l’alabastrino petto, ove ella sotto un sottilissimo velo chiudeva due mamelline tonde, sode e delicate. Era il vergineo petto non molto rilevato, ma onestamente le sue bellezze mostrava convenienti a la tenera età de la fanciulla. Il resto de la sua snella e proporzionata persona si poteva facilmente giudicare non esser men bello, imperciò che diffetto alcuno non vi si scorgeva. Taccio le svelte braccia con le bellissime mani, le quali ella, spesso cavandosi i guanti profumati, lunghe, bianche e morbidette dimostrava. Nè faceva ella come molte fanno, le quali volendosi mostrar oneste appaiono triste e malinconiche, ma col viso temperatamente allegro, benigna, cortese e modesta appariva. Cingevale il diritto e bianco collo una catenella d’oro di sottilissimo lavoro, la quale dinanzi al petto pendente, ne l’amorosa vietta che le poppe d’avorio partiva, cadeva. La vesta era di zendado bianco, tutta maestrevolmente frastagliata,