viglioso e forte, che insieme con una dorata e vaga lancia vedere si poteva quel dì che la giostra si farebbe. E tutte queste cose devevano darsi al vincitore de la giostra. Convennero adunque molti stranieri a così solenne festa, chi per giostrare e chi per vedere la pomposa solennità de la giostra. De li soggietti del re non restò nè cavaliere nè barone, che riccamente vestito non comparisse; e tra li primi che il nome loro diedero fu, il primo genito del re, giovine molto valoroso e nel mestier de l’armi di grandissima stima, che da fanciullo s’era in campo allevato e cresciuto. Il senescalco anco egli il nome suo diede. Il che fecero anco altri cavalieri, così persiani come stranieri, perciò che la festa era bandita generale, con salvocondutto a tutti i forastieri che venire o giostrar vi voleano, pur che fossero nobili e non altrimenti. Aveva il re eletto tre baroni vecchi per giudici de le botte, li quali nel suo tempo erano stati prodi de la persona, e in molte imprese essercitati, e uomini intieri e di saldo giudicio. Questi avevano il loro tribunale al mezzo de la giostra proprio per iscontro ove il più de le volte i giostranti si solevano incontrare e far e colpi loro. Devete pensare che tutte le donne e figliuole del paese ci erano concorse, e tanta gente ragunata quanta così fatta festa meritava. E forse che cavaliero alcuno non giostrava, che la sua innamorata quivi non avesse, tenendo ciascuno di loro qualche dono de le lor donne, come in simili giostre è costume di farsi. Il giorno e l’ora deputata comparsero tutti i giostranti con grandissima pompa di ricchissime sopraveste così su l’armi come sopra i corsieri. Cominciata la giostra, ed essendosi già rotte di molte lancie e fatti di bei colpi da molti, era general giudicio che il senescalco Ariabarzane sarebbe stato quello che averebbe portatone il premio, e se egli non ci fosse stato, che il figliuolo del re andava a lunghi passi innanzi a tutti gli altri, perciò che nessuno de li giostranti passava cinque botte, salvo il figliuolo del re, che ne aveva nove. Il senescalco mostrava undeci lancie rotte vigorosamente ed onoratamente, ed una sola botta che ancor facesse li dava il gioco vinto, chè dodici botte erano quel giorno a li giostranti per guadagnar il premio ordinate, e chi prima le faceva senza impedimento alcuno il premio ne portava. Il re, per dir il vero, quanto piacere aver poteva, era che quel dì l’onore fosse del figliuolo; ma egli vi vedeva mal il modo, perchè chiaramente conosceva il senescalco aver troppo vantaggio, e pure come prudente il tutto in viso dissimulava. Da l’altra parte, il giovine figliuolo che dinanzi a la sua innamorata giostrava, si sentiva di doglia morire, veggendosi fuor di