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sarete fedeli e leali. Queste mie donzelle accompagnarete a Malfi, le cui doti, prima che io partissi del Regno, feci depositare sul banco di Paolo Tolosa, e gli scritti del tutto sono nel monastero di Santo Sebastiano appresso a la madre de le monache. Chè de le donne io altra per adesso meco non voglio che questa mia cameriera. La signora Beatrice, che fin qui è stata mia donna d’onore, come ella sa è del tutto sodisfatta. Nondimeno negli scritti che vi ho detto ella troverà buona provigione per maritar una de le sue figliuole che a casa ha. Se dei servidori ce n’è nessuno che meco voglia restare, egli sarà da me ben trattato. Al rimanente, quando sarete a Malfi, il maggiordomo, come è l’ordine consueto, provederà. E per conchiudere, a me più piace viver privatamente col signor Antonio mio marito che restar duchessa. – Rimase tutta la brigata attonita e smarrita e quasi fuor di sè udendo sì fatti ragionamenti. Ma dopo che ciascuno pur vide che la cosa andava da dovero e che il Bologna aveva fatto venire il figliuolo e la figliuola che ne la duchessa aveva ingenerati, ed ella come suoi e del Bologna figliuoli abbracciati e basciati, tutti s’accordarono ritornar a Malfi, eccetto la cameriera e dui staffieri, che restarono con la lor consueta padrona. Le parole vi furono assai e ciascuno diceva la sua. Si levarono adunque di casa del Bologna e andarono a l’osteria, perciò che nessuno ebbe ardire, per tema del cardinale e del fratello, di restar seco come ebbero intesa la cosa; anzi s’accordarono tra loro che la matina seguente uno dei gentiluomini andasse a Roma per le poste a trovar il cardinale ed avvisarlo del tutto, ove anco era l’altro fratello. E così si fece. Gli altri tutti verso il Regno s’inviarono. Rimase adunque la duchessa col suo nuovo marito e seco in grandissima contentezza viveva. Quivi partorì ella, non dopo molti mesi, un altro figliuol maschio, al quale posero nome Alfonso. Mentre che costoro dimoravano in Ancona amandosi più di giorno in giorno, il cardinal di Ragona con il già detto suo fratello, che a modo nessuno non volevano sofferire che la sorella loro a simil modo maritata si fosse, fecero tanto col mezzo del cardinal di Mantova, il signor Gismondo Gonzaga che era sotto Giulio II pontefice massimo legato d’Ancona, che il Bologna con la moglie furono dagli anconitani licenziati. Eglino erano stati in Ancona circa sei o sette mesi, ed ancora che il legato instasse per fargli mandar via, erano tante le pratiche che il Bologna faceva che la cosa andò in lungo. Ma conoscendo il Bologna che al fine saria licenziato, per non esser colto a l’improviso, avendo un suo amico a Siena, procurò aver salvocondotto