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sua vita nè scampo nè rimedio dare era possibile, poi che insieme col fratello ebbe cotanta sciagura amaramente pianto e rammaricatosi con pietose parole de la malignità de la fortuna, così gli disse: – Fratel mio, come tu vedi io sono in modo da questo stretto laccio preso, che senza la chiave di chi il laccio ha fabricato quindi non sarà mai possibile che tu nè altri mi levi. E se io qui rimango ed il re mi ci truovi, come senza dubio veruno venendo stamane mi vi ritroverà, sarò conosciuto, e il nostro ingannevol ingegno resterà scoperto. Io ne morrò, prima tormentato per manifestar chi meco è stato a far i furti che fatti abbiamo. Se io potrò senza palesarti sofferire gli aspri tormenti che mi daranno, io nondimeno morrò e tu rimarrai in sospetto d’esser stato meco; oltra che subito il re manderà a casa nostra e ritroverà l’oro, indizio manifestissimo che noi di compagnia l’abbiamo involato. Arrogi poi che nostra madre è vecchia e consapevole dei nostri notturni furti, onde anco ella caderà nosco ne la medesima pena. E così tutti saremo crudelissimamente morti. Pertanto a me pare, anzi dico esser necesssario, che di tanti mali quanti apparecchiati ci sono noi debbiamo senza indugio eleggere il minore. Io a ogni modo morto mi conosco, nè ci è rimedio a liberarmi. Il perchè, fratel caro, non perder più tempo, e non si stia più a bada in parole che nulla montano e senza recarne profitto ne potrebbero dar grandissimo danno. Fa adunque buon animo e tagliami via il capo dal busto e spogliami, a ciò che io da chi in questo laccio mi troverà non possa in modo veruno esser conosciuto. Poi, quanto di questi tesori con le mie vestimenta ed il mio teschio tu puoi portar su le spalle, portane senza indugio via non perdendo tempo. Ma metti ben mente a ciò che ti dico: sia questa l’ultima volta che tu ci torni, perciò che tornandoci tu potresti di leggero esser preso, e non ci sarebbe chi ti porgesse aita. Nè ti fidar, per cosa che sia, a prender compagno alcuno a così perigliosa impresa, chè, ancora che tu non cadessi ne la trappola, il tuo compagno per scusar se stesso ed ottener dal re perdono, al re ti accuseria, o vero si confiderebbe di chi si sia che forse non terrebbe il fatto segreto. Sì che non ci ritornar mai più, nè ti fidar di persona. – Udendo l’altro fratello il vero e fedelissimo conseglio che lo sfortunato suo fratello amorevolmente gli dava e conoscendo non ci esser altra via a salvarsi, dirottamente si mise a piangere nè sapeva risolversi a ciò che far devesse. Troppo empia e sceleratezza senza fine grande stimava a divenir del proprio ed unico suo