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Noi stiamo qui a litigare e beccarci il cervello volendo sapere se quelle leggi che Licurgo diede agli spartani sono buone o triste, e penso se il mio onorato precettore messer Giason Maino fosse qui che averebbe assai che fare a por fine a cotanta lite quanta voi avete mossa. Io non vo’ già dire che la investigazione de la verità non sia cosa lodevolissima, anzi l’affermo e lodo; ma ben vo’ dire che tutti gli atti umani deveno esser fatti a luogo e tempo, volendosi servar il decoro de le cose e dar le parti sue a l’animo e le sue al corpo. Noi siamo partiti da Deciana e venuti qui non per disputare ed astrologare o far lite, ma per ricrearci, darci piacere e star con gioia ed allegrezza. Se io volessi starmi a lambicare il cervello, io me ne sarei restato a Vercelli con i miei clienti e non sarei venuto a Deciana e meno qui. Perciò mi parria, se così pare a voi, che per questi giorni, che saranno otto o dieci dì, che dimoraremo in questo luogo, che noi devessimo bandir tutti i fastidii e i pensieri noiosi ed usar quella onesta licenza che la stagione ed il luogo ci dà. Noi siamo in villa, lungi da la città ove a me bisognarebbe andar togato e a voi altri che ciascuno vestisse secondo il grado suo; ove qui ce ne stiamo, come vedete, senza cerimonie ed usiamo quella libertà che ci pare. E per levar via le liti che erano tra noi, non lasciando perciò il ragionamento dei ladronecci, io ve ne vo’ narrare uno fatto in Egitto, ove ebbe assai maggior premio che non averebbe conseguito se si fosse trovato tra gli spartani. Vi dico adunque che ne l’antiche istorie dei regi de l’Egitto si legge che, morto Proteo, successe a quello per re uno chiamato Rapsantico, il quale fu il più ricco re che mai regnasse in quelle contrade. Egli, trovandosi i tesori grandissimi e quasi infiniti che a quelli di Proteo aveva aggiunti, non si confidando tenergli in palagio che fossero sicuri, perchè in quel regno erano ladroni solenni, trovato un ingegnosissimo architetto, fece far un luogo particolare con muri fortissimi per la custodia di quelli, e le porte erano ferrate. L’architetto, che sapeva la cagione che moveva il re a fabricare quella machina, vi mise tutto l’ingegno suo per sodisfare al voler del re, e fece il luogo, oltra la beltà, molto sicuro. Tuttavia, combattuto e vinto da la cupidigia de l’oro che molte fiate i più saggi col suo velenoso splendore