giuoco è vostro, e io vinto mi confesso. Cadde ne l’animo di Artaserse che Ariabarzane questo avesse fatto, non tanto per cortesia, quanto per obbligarsi il suo re, e gli ne parve male; e per ciò più giocar non volle. Tuttavia, dopo questo, mai il re nè in cenni nè in atti nè in parole dimostrò che questa cortesia del suo seniscalco gli fosse dispiaciuta. Ben è vero che egli averebbe voluto che Ariobarzane da questi atti si fosse astenuto quando egli o giocava o altro faceva seco, e se pur voleva fare il cortese e il magnifico, lo facesse con i suoi minori od uguali, perciò che a lui non pareva ben fatto ch’un servidore dovesse in cose di cortesia e liberalità voler di pari giostrar col suo padrone. Non passarono molti dì dopo questo, ch’essendo il re in Persepoli, città principal della Persia, ordinò una bellissima caccia d’animali che quella regione nodrisce, che sono da questi nostri assai diversi, e il tutto messo in punto, al luogo de la caccia con tutta la corte si condusse. Quivi essendo buona parte d’un bosco cinto di reti e di molti lacci tesi, il re, disposte le persone dei suoi cacciatori come più gli parve convenevole, attese con cani e corni a far uscir le bestie fuor delle lor tane o covili. Ed ecco saltar fuori una bestia selvaggia molto feroce e snella, la quale, d’un salto le reti trapassate, si mise velocissimamente in fuga. Il re, veduto lo strano animale, deliberò di seguitarlo e farlo morire. Fatto adunque cenno ad alcuni dei suoi baroni che seco si mettessero di brigata dietro a la fiera, e lasciato le redine al suo cavallo, si pose dietro a seguitarla. Era Ariobarzane un di quei baroni che col suo re dietro a l’animal correva. Avvenne che quel giorno il re aveva sotto un cavallo, che per il velocissimo suo correre tanto gli era grato, che mille altri dei suoi per salvezza di quello avria dato, e tanto più ch’oltra la velocità del corso, era attissimo a le scaramucce e fatti d’arme. Così seguendo a sciolta briglia la volante non che corrente fiera, molto da la compagnia si dilungarono, e di modo affrettarono il corso, che il re seco non aveva se non Ariobarzane, dietro a cui seguiva un dei suoi, che sempre egli ne la caccia dietro si menava suso un buon cavallo. Medesimamente il cavallo d’Ariobarzane era tenuto dei megliori che in corte si trovassero. Avvenne in questo, che, tuttavia correndo questi tre a sciolta briglia, Ariobarzane s’avvide che il cavallo del suo signor era dai piedi dinanzi sferrato e già cominciavano i sassi a rodergli l’unghie. Il perchè conveniva al re perder il trastullo che prendeva de la caccia, o che il cavallo si guastasse. Ma di queste due cose nessuna poteva avvenire che mirabilmente al