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e poi a la sua camera. Quivi, avendo egli le chiavi degli archivii del convento, mi fece veder un instrumento scritto in carta pecora, fatto quell’anno a punto che san Francesco fu canonizzato, nel quale si contiene come sette gentiluomini Bandelli, là dentro nominatamente espressi, domini e condomini di Castelnuovo, Sale e Caselle, de la piena autorità e possanza loro donarono a frate Ruffino, stato compagno di san Francesco, tutto il terreno ove oggidì è posta la chiesa e il convento d’essi frati minori, e di più li donarono otto mila libbre d’imperiali per edificar il monastero. Piacquemi molto aver vedute queste antichità, e di già ne ho parlato con Enrico Bandello e mostratogli il modo che deve tenere a ricuperar il detto instrumento. Questo tanto ve ne ho voluto dire per i parlamenti che stati sono tra voi de l’antichità di questa terra e de le famiglie di quella, con animo di narrarvi un’amorosa novella che in questa nostra patria avvenne nel tempo che s’edificava, parendomi che questa ora del giorno debbia esser dispensata in ragionamenti piacevoli e non in disputazioni. La novella io già vidi in un antichissimo libro scritto a mano ove erano molte cose de le antichità de la nostra terra, ed il libro era de l’eccellente dottor di leggi che tutti conosciuto abbiamo, messer Gasparo Grasso. Dico adunque che nel principio de l’edificazione de la terra nostra, essendo stati i circonvicini campi distribuiti ai soldati veterani che dei romani ed ostrogoti vi si trovarono, fu tra gli altri di nazion gota un Velamiro, uomo molto stimato e de la persona prode; il quale, avendo lungamente sotto Teodorico militato e sempre portatosi bene, meritò che ne la divisione agraria fosse preferito agli altri, di modo che si trovava molto ricco. Venendo costui a morte, lasciò di tutti i suoi beni erede un suo unico figliuolo che Bandelchil era nomato, dal quale la famiglia dei Bandelli ebbe il suo principio. Era Bandelchil giovine ne la nazione sua nobilissimo, e perchè il padre oltra le possessioni gli aveva lasciato molti danari e spoglie grandissime che per tutta Italia aveva guadagnato, spendeva egli largamente ed a’ goti poveri nei loro bisogni molto spesso provedeva. Il perchè generalmente era amato e riverito e quasi capo de la nazion sua. Avvenne che, veggendo egli un giorno una giovane di quindici in sedeci anni, la quale era oltra misura bella, di lei sì fieramente s’innamorò e tanto agli occhi suoi piacque, che non sapeva da tal vista levarsi; e non se ne accorgendo, a poco a poco sì fattamente vinto dal piacer di mirarla si sentì da le bellezze di quella preso, che ad altro non poteva nè sapeva rivolger l’animo.