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quel core innalza, purga e trasforma in altre qualità e lo rende nobilissimo, come già più e più volte per prova s’è veduto. Resterà adunque questa novella eternamente sotto il nostro nome, se tanto gli scritti miei dureranno, i quali io pure scrissi a ciò che perpetuamente durassero. Vi dirò ciò che ora mi sovviene. Devete sapere che nel martirologio ecclesiastico si legge che del mese d’aprile a Nemausio in Francia, che ora Nimis si appella, fu martirizzato per la fede san Bandello goto. Il che mi fa credere questo nome Bandello esser stato antico appo la nazione dei goti. State sano.


NOVELLA XXIII
Astuzia d’una fanciulla innamorata per salvar l’amante ed ingannar la nutrice.


Come, per mio parere, saggiamente s’è conchiuso, i romani e i goti furono i primi che questa nostra patria edificarono, la quale dopoi fu ampliata da’ longobardi nel tempo che Luitprando re longobardo fece il corpo di santo Agostino condur per mare da l’isola di Sardegna a Genova, e da Genova a Pavia. De la edificazione santo Cassiodoro ne fa testimonio, e de l’ampliazione, oltra gli antichissimi scritti che io ho veduto in mano d’Enrico Bandello che il tutto minutamente narrano, si vedeno ancóra le vestigie de le fosse vecchie e d’alcuni ponti. Mi mostrò anco esso Enrico il privilegio autentico d’Ottone, primo di questo nome imperadore, ove egli, essendo a Pavia, prese per moglie Aluida, che era nel primo matrimonio stata consorte di Lotario re d’Italia. In esso privilegio si vede come Ottone a la famiglia Bandella sovra le sei bande de l’insegna loro donò l’aquila, ed oltra a questo gli fece signori di questa terra di Sale e di Caselle, la qual signoria pacificamente mantennero fin che furono le guerre civili tra i Vesconti e quelli de la Torre. E per esser una madonna Agnese Bandella maritata in messer Bernardo da la Torre, seguitarono alora i Bandelli la parte dei Turriani, ed essendo essi Turriani da’ Vesconti cacciati del dominio de la Lombardia, furono anco i Bandelli privati de la signoria de le lor terre, nè mai quella ricuperarono. Non è ancor molto che frate Girolamo Beladuccio de l’ordine minore, maestro in sacra teologia, essendo io in san Francesco, mi condusse nel giardino del monastero