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22 | parte prima |
chiunque serve, averla, che cosa deve mai lasciar egli di far quantunque difficil sia, acciocchè la desiata grazia acquisti? Non veggiamo noi molti che, per gratificarsi il lor prencipe, hanno a mille rischi e spesso a mille morti messa la propria vita? Ora, se egli si ritrova in favore e si conosce d’esser amato dal suo padrone, quante fatiche e quanti strazi è necessario che sofferisca, acciocchè in riputazione si mantenga e possa l’acquistata grazia mantenere ed accrescere? Sapete bene esser divolgato proverbio e da l’ingegnoso poeta celebrato: non esser minor virtù le cose acquistate conservare, che acquistarle. Altri in contrario contendono, e con fortissimi argomenti si sforzano provare che tutto quel che il servidor fa oltra ’l debito e sovra l’obbligazione che ha di servire al suo signore, sia liberalità e materia da obbligarsi il padrone e di provocarlo a nuovi beneficii, sapendosi che qualunque volta l’uomo fa il suo ufficio al qual è deputato dal signore, e lo fa con tutta quella diligenza e modi che se gli ricercano, che egli ha soddisfatto al debito suo e che merita da lui esser, come è conveniente, guiderdonato. Ma perchè qui ragunati non siamo per disputare, ma per novellare, lasciaremo le questioni da canto, e circa ciò quel che un valoroso re operasse intendo con una mia novella raccontarvi, la qual finita, se ci sarà dapoi alcuno che voglia più largamente parlarne, io penso che averà campo libero di correr a suo bell’agio uno o più arrenghi, come più gli aggradirà.
Dicovi adunque che fu nel reame di Persia un re, chiamato Artaserse, uomo d’animo grandissimo, e molto nell’armi esercitato. Questo fu quel che prima, come narrano gli annali persiani, essendo privato uomo d’arme, che grado ancora militare non aveva ottenuto ne lo essercito, ammazzò Artabano, ultimo re degli Arsacidi, sotto cui militava, ed il dominio di Persia a’ persiani restituì, ch’era stato in mano de li macedoni e d’altre genti dopo la morte di Dario, che fu dal magno Alessandro vinto, per spazio d’anni circa dxxxviii. Questi adunque, avendo tutta Persia liberata e dai popoli essendo fatto re, tenne corte di magnificenze e d’opere virtuose, ed egli splendidissimo in tutte l’azioni sue, oltre i titoli nelle sanguinolente battaglie valorosamente acquistati, era tenuto per tutto l’Oriente il più liberale e magnanimo re che in quella età regnasse. Nei conviti poi era un nuovo Locullo, onorando grandemente i forastieri che in corte gli capitavono. Aveva costui in corte un seniscalco, detto per nome Ariabarzane, il cui ufficio era, quando il re publicamente faceva un convito, salito sovra un bianco corsiero e con