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in vostra libertà, di pigliarla o lasciarla. – Il signor Timbreo, veduta la giovane che nel vero era bellissima, ed essendogli su la prima vista meravigliosamente piacciuta, avendo già deliberato di sodisfare a messer Lionato, stato un poco sovra di sè, così disse: – Signor padre, non questa che ora mi presentate, che mi pare una real giovane, accetto, ma ogn’altra che da voi mi fosse stata mostrata averei io accettato. E a ciò che veggiate quanto son desideroso di sodisfarvi e conosciate che la promessa che io vi feci non è vana, questa e non altra piglio io per mia legittima sposa, essendo però il suo voler al mio conforme. – A queste parole rispose la giovane e disse: – Signor cavaliero, io sono qui presta a far tutto quello che da messer Lionato mi sarà detto. – Ed io, – soggiunse messer Lionato, – bella giovane, vi essorto a pigliar il signor Timbreo per marito. – Onde, per non dar più indugio a la cosa, fu fatto cenno a un dottore che ivi era che dicesse le consuete parole secondo l’uso de la santa Chiesa. Il che saggiamente messer lo dottore facendo, il signor Timbreo per parole di presente sposò la sua Fenicia, credendo una Lucilla sposare. Esso signor Timbreo, come prima vide la giovane uscir di camera, così intorno al core sentì un certo non so che parendogli nel viso di quella scernere alcune fattezze de la sua Fenicia, e non si poteva saziar di mirarla, di modo che l’amore che a Fenicia aveva portato sentì tutto a questa nuova giovane voltarsi. Fatto questo sponsalizio, si diede subito l’acqua a le mani. In capo di tavola fu messa la sposa. Da la banda destra appo lei fu assiso il signor Timbreo, per scontro a cui sedeva Belfiore, dietro la quale seguiva il cavalier Girondo. E così di mano in mano furono posti un uomo ed una donna a sedere. I cibi vennero dilicati e con bellissimo ordine, e tutto il convito fu sontuoso e quieto e gentilmente servito. I ragionamenti, i motti e mille altri trastulli non mancarono. A la fine, recate quelle frutte che la stagione concedeva, la zia di Fenicia, che in villa con lei era per la maggior parte de l’anno dimorata e che appo il signor Timbreo a mensa sedeva, veggendo che il desinar si finiva, come se nulla mai dei casi occorsi avesse sentito, così festeggevolmente al signor Timbreo disse: – Signor sposo, aveste voi mai moglie? – Egli da sì fatta madrona domandato si sentì colmar gli occhi di lagrime, le quali prima caddero ch’egli potesse rispondere. Pure vincendo la tenerezza de la natura, di questa maniera rispose: – Signora zia, la vostra umanissima domanda mi riduce a la mente una cosa che sempre ho in core, e per la quale io credo tosto finire i giorni miei. E ben che io de la signora Lucilla mi truovo contentissimo,