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sorella sua maggiore. Il che veggendo, messer Lionato, che sovente le andava a vedere, deliberò non tardare più di metter ad effetto il suo pensiero. Onde, essendo un dì in compagnia dei dui cavalieri, disse sorridendo al signor Timbreo: – Tempo è oggimai, signor mio, che de l’obbligo che voi, la vostra mercè, meco avete vi scioglia. Io penso avervi trovata per moglie una giovane gentilissima e bella, de la quale, secondo il parer mio, quando l’averete vista vi contentarete. E se forse con tanto amore non sarà da voi presa con quanto eravate per sposar Fenicia, di questo v’assicuro ben io che minor beltà, minor nobiltà e minor gentilezza voi non pigliarete. De l’altre donnesche doti e gentilissimi costumi ella, la Dio mercè, ne è abondevolmente fornita ed ornata. Voi la vederete poi sarà in libertà vostra far tutto quello che più a vostro profitto vi parrà. Domenica matina io ne verrò a l’albergo vostro con quella compagnia che tra parenti e amici miei scieglierò, e voi insieme col signor Girondo sarete ad ordine, perciò che conviene che andiamo fuor di Messina circa a tre miglia, ad una villa ove udiremo messa, e poi si vederà la giovane di cui v’ho parlato e di brigata desinaremo. – Accettò l’invito e l’ordine dato il signor Timbreo, e la domenica col signor Girondo a buon’ora si mise a l’ordine per cavalcare. Ed ecco messer Lionato arrivare con una squadra di gentiluomini, che già in villa aveva fatto ogni cosa necessaria onoratamente apparecchiare. Come il signor Timbreo fu avvertito del venir di messer Lionato, egli col signor Girondo e servidori a cavallo salì, e dato il buon dì e ricevuto, tutti di brigata di Messina se ne uscirono. E, come in simil cavalcate avviene, di diverse cose ragionando giunsero a la villa che non se ne accorsero, ove furono onoratamente raccolti. Quivi udirono messa in una chiesa a la casa vicina. Finita la messa tutti si ridussero in sala, che era di razzi alessandrini e tapeti onoratamente apparata. Come furono tutti in sala, eccoti che d’una camera uscirono molte gentildonne tra le quali era Fenicia con Belfiore, e proprio pareva Fenicia la luna quando nel ciel sereno più splende tra le stelle. I dui signori con gli altri gentiluomini le raccolsero con riverente accoglienza, come sempre ogni gentiluomo deve con le donne fare. Messer Lionato alora, preso per mano il signor Timbreo ed a Fenicia accostatosi, la quale Lucilla sempre si era chiamata dapoi che in villa fu condotta: – Ecco, signor cavaliero, – disse, – la signora Lucilla, la quale io vi ho scielta per darvi per moglie quando vi piaccia. E se al mio parer vi atterrete ella sarà vostra sposa. Nondimeno voi sète