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Questa state passata, essendo voi per gli estremi caldi che ardevano la terra partita da Milano e ridutta con la famiglia al vostro castello di San Giovanni in Croce nel Cremonese, m’occorse, insieme col signor Lucio Scipione Attellano, andare a Gazuolo, ove dal valoroso signor Pirro Gonzaga eravamo chiamati. Onde, passando vicino al detto vostro castello, ne sarebbe paruto commetter un sacrilegio se non fossimo venuti a farvi riverenza. Non voglio ora star a raccontare quanto cortesemente fussimo da voi con umanissime accoglienze raccolti e sforzati umanamente a restar quel dì e duoi altri appresso con voi. Quivi, lasciando voi i soliti e dilettevoli vostri studii de le poesie latine e volgari, quasi il più del tempo nosco in piacevoli ragionamenti consumaste. E ritrovandosi il secondo dì con voi alcuni gentiluomini cremonesi, che là d’intorno avevano le lor possessioni, furono a l’ora del merigge dette alquante novelle, tra le quali quella che il nostro Attellano narrò piacque molto a tutta la compagnia, e fu da voi con accomodate parole largamente commendata. Onde tra me stesso alora delbeirai di scriverla e farvene un dono. E così, come da Gazuolo a Milano ritornai, sovvenutomi de la mia deliberazione, la detta novella scrissi. E ben che il soave dire del nostro facondo ed eloquente Attellano non abbia in questa mia novella espresso, non ho perciò voluto restar di mandarvela. Vi piacerà adunque accettarla, come solete tutte le cose a voi dagli amici donate accettare, e farle questo favore di riporla nel vostro museo, ove di tanti uomini dotti le belle rime ed ornate prose riponete, ed ove con le Muse tanto altamente ragionate che ai nostri giorni tra le dotte eroine il primo luogo possedete. Feliciti nostro Signor Iddio tutti i vostri pensieri. State sana.