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a mettersi ad ordine e conchiusero tra loro che il signor Alberto fosse il primo che andasse a provar la sua ventura con la donna, e che dopo un mese e mezzo vi andarebbe il signor Uladislao. Partì il signor Alberto con dui servidori ben in ordine e dirittamente andò al castello del boemo. Quivi giunto, dismontò ad un albergo ne la terra, e domandando de le condizioni de la donna, intese quella esser bellissima e sovra modo onesta e tanto innamorata del marito che nulla più. Nondimeno punto non si sgomentò, ma il dì seguente, vestitosi riccamente, andò al castello e fece intender a la donna che voleva visitarla. Ella, che cortesissima era, lo fece entrare e molto graziosamente lo raccolse. Si meravigliò forte il barone de la beltà de la donna e de la sua leggiadria e dei bei modi ed atti onesti che in lei vedeva. Essendo poi assisi, il giovine disse a la donna che, mosso da la fama de la sua suprema bellezza, era partito da la corte per venirla a vedere, e che in vero trovava che ella era vie più bella ed aggraziata di quello che si diceva. E su questo cominciò a dirle molte ciance, di modo che ella subito s’avvide di ciò che egli andava cercando e dove voleva con la barca arrivare. Il perchè, a fine che egli più tosto pigliasse porto, cominciò la donna entrare in ragionamenti amorosi ed assicurarlo a poco a poco. Il barone, che non era quello che si persuadeva d’essere, anzi era mal pratico e di poca levatura, non cessò di cicalare che si scoperse esser di lei fieramente innamorato. La donna, così leggermente mostrandosi schifa di cotali ragionamenti, non restava di farli buon viso, di modo che l’ongaro in dui o tre giorni altro non fece che combatterla. Ella, veggendolo augello di prima piuma, fece pensiero di fargli un sì fatto giuoco, che per sempre di lei si ricordasse. Onde non dopo molto, mostrando non sapersi più dai suoi colpi schermire, gli disse: – Signor Alberto, io credo che voi siate un grande incantatore, perciò che egli è impossibile che io non faccia il voler vostro. Il che sono io presta a fare, mentre una cosa ne segua, che è che mio marito mai non lo sappia, perciò che senza dubio mi anciderebbe. E a ciò che nessuno de la casa se ne accorga, voi dimane su l’ora del mangiar verrete, com’è la costuma vostra, in castello, non facendo nè qui nè altrove dimora, ma subito vi ripararete ne la camera de la torre maestra, su la porta de la quale sono in marmo intagliate l’arme di questo regno, ed entrato dentro serrarete l’uscio. La camera trovarete aperta, ove io dopoi me ne verrò, e potremo a nostro agio senza essere visti da persona, chè provederò che nessuno ci sia là a torno, potremo, vi dico, godere del nostro