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novella i. 19

Dimane io ritornerò qui a voi subito dopo pranso, e più agiatamente parlaremo insieme. Rimase la buona vedova contentissima, ed il cavaliere, avendo da lei e da la fanciulla preso congedo, andò a fare altre sue faccende. Venuta poi la notte, pensando il cavaliere a le bellezze della veduta giovane, e di quelle in modo acceso che una ora li parea un anno di esserne possessore, deliberò, senza mettervi più tempo, il dì seguente celebrare le nozze. E benchè talora la ragione li mettesse innanzi che questa era cosa malissimo fatta e indegna d’onorato cavaliere come egli era istimato, s’era il misero amante da una breve vista di begli occhi della fanciulla avvelenato e tanto a dentro il liquido fuoco e sottile dell’amor che ne la bella giovane posto avea, l’accendeva, ardeva e consumava, che venuto il giorno, come ebbe desinato, andò a trovare la vedova, e quello istesso dì celebrò le male essaminate nozze. Come queste intempestive e precipitate nozze furono per la città sapute, fu generalmente reputato che il Buondelmonte si fosse da sciocco governato, e ciascuno di lui mormorava. Ma sovra tutti, e molto più di tutti, gli Amidei se ne sdegnarono fieramente, e con esso loro senza fine si adirarono gli Uberti a quelli per parentado congiunti. Convennero adunque insieme con altri loro parenti e amici, pieni di mal talento, e di fellone animo contro messer Buondelmonte conchiusero che quella ingiuria e sì manifesta onta non era a modo veruno da sopportare, e che così vituperosa macchia non si poteva se non con l’istesso sangue del nemico e dispregiator dell’affinità loro lavare. Vi furono alcuni che, discorrendo i mali che ne potevono seguire, non volevano che tanto a furia fosse da correre, ma da pensarvi più maturamente. Era tra i congregati il Mosca Lamberti, uomo audacissimo e pronto di mano, il qual disse che chi pensava diversi partiti nessuno ne pigliava, e soggiunse quella volgata sentenza: Cosa fatta capo ha. Insomma, si conchiuse che la compita vendetta non si poteva far senza sangue. E così fu commessa l’impresa d’ammazzar messer Buondelmonte al Mosca, a Stiatta Uberti, a Lambertuccio Amidei e ad Uderigo Fifanti, tutti di parentado nobilissimo, e giovani valorosi e di cuore animoso. Ordinarono costoro ciò che bisogno era per dare effetto a tanto omicidio, e cominciarono a spiar tutti gli andamenti del cavaliere, per veder se a l’improviso coglier lo potevano, acciocchè non scappasse lor de le mani. E poi che diligentemente il tutto ebbero spiato, non volendo più tardare a dar essequuzione al fatto, essendo la settimana santa, deliberarono che il giorno di Pasqua di Resurrezione si devesse col