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che il puzzo si farà d’ogn’intorno meravigliosamente sentire. Ogni volta poi che sia tentata, si farà di color giallo come un biondo oro. – Piacque pur assai il mirabil segreto al cavaliere, e gli prestò quella fede che a le più vere e certe cose si presta, mosso ed assicurato da la fama che di lui e de l’arte sua intendeva, perciò che quelli di Cuziano narravano cose incredibilissime de l’arte di quello. Convenuto adunque seco del prezzo, ebbe la bella imagine ed al castello suo tutto lieto se ne ritornò. Quivi essendo dimorato alcuni dì, deliberò andar a la corte del glorioso re Mattia e la sua deliberazione a la moglie manifestò. Messe poi a ordine le cose de la casa e lasciato il governo del tutto a la donna, avendo già apparecchiato quanto gli era bisogno per il suo viaggio, ancor che con molto dolore e discontentezza d’animo da la sua donna si allontanasse, pure si partì e si ridusse in Alba Reale, ove era in quei giorni il re Mattia e la reina Beatrice, dai quali fu lietamente ricevuto e visto. Non stette molto in corte, che venne in grandissima grazia di tutti. Il re, che già il conosceva, gli ordinò onesta provigione e cominciò adoperarlo in molti affari, i quali tutti egli condusse a fine secondo il voler del re. Dapoi mandato a la diffesa di certo luogo che i turchi infestavano sotto la condotta di Mustafà bascià, egli in modo governò quella guerra, che cacciò gli infedeli tra le lor confine, acquistando nome di valente e forte soldato e prudente capitano. Il che molto più gli accrebbe il favor e grazia del re, di maniera che, oltra i danari e doni ch’a la giornata riceveva, ebbe anco in feudo un castello con buona entrata. Per questo parve al cavaliero d’aver fatto ottima elezione ad essersi messo in corte ai servigi del re, e ne lodava Iddio che a questo inspirato l’avesse, sperando ogni giorno di meglio. Tanto più poi contento e lieto viveva, quanto ch’ogni dì più e più volte pigliava in mano il caro scatolino ov’era l’imagine de la donna, la quale sempre vide sì bella e sì ben colorita come se alora alora fosse stata dipinta. Era la fama in corte che Ulrico aveva in Boemia per moglie la più bella e leggiadra giovane de la Boemia e de l’Ongaria. Onde avvenne che una volta, essendo molti cortegiani di brigata, tra i quali era il cavaliere, ch’un barone ongaro gli disse: – Come può egli esser, signor Ulrico, che omai sia circa un anno e mezzo che partiste di Boemia, e mai non ci siate tornato a veder vostra moglie, la quale, per quello che la fama con publico grido afferma, è così bella giovane? Certamente molto poco di lei vi de’ calere. – Sì mi cale pur assai, – rispose Ulrico – e l’amo a par de la vita mia. Ma il non esser io in tanto tempo