Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
medesimamente più e più fiate ho pensato a la grandezza dei vostri e miei maggiori, da la quale parendomi che noi senza colpa nostra siamo assai lontani, mi andava imaginando che modo si potrebbe trovare a metterci meglio in arnese di quello che siamo. Chè se bene son donna e voi uomini diciate le donne esser di povero core, io vi ricordo che in me è il contrario e che ho l’animo assai più grande e pieno più d’ambizione che forse a me non si converrebbe, e che anco io vorrei poter mantenere il grado che mia madre, secondo che mi ricordo, manteneva. Tuttavia in tanto mi so moderare, che sempre resterò contenta a tutto quello che più a voi piacerà. Ma venendo al fatto, vi dico che, pensando io ai casi nostri come voi fate, che insomma ne l’animo mi cadeva che, essendo voi giovine e valente de la persona, non ci era meglior mezzo che pigliar il servizio del nostro re. Ed ora tanto più profittevole il credo, avendo da voi inteso che di già il re su la guerra vi ha conosciuto. Onde mi giova di credere che il re, che giudicioso estimatore sempre è stato de l’altrui vertù, non potrà se non farvi buono e convenevol partito. Di questo mio pensamento non ardiva io farvi motto, temendo non v’offendere. Ora che voi m’avete aperta la strada di poterne parlare, non resterò che io non vi dica il parer mio. Fate poi voi quello che il meglio vi parrà e più a proposito de l’onore ed util vostro. Io, quanto sia per me, ancor ch’io sia donna, che, come poco avanti dissi, naturalmente sono ambiziosa e vorrei tra l’altre comparire onorata e mostrarmi nel publico più onorata e pomposa de l’altre, nondimeno, poi che la fortuna nostra è tale qual veggiamo, mi contentarei starmene quel tempo che abbiamo a vivere di continovo con voi in questo nostro castello, ove per Dio grazia non ci manca da intertenerci onestamente e farci servire di ciò che ci bisogna, volendoci de le cose necessarie contentare e le nostre rendite modestamente con misura dispensare. Noi qui, con dui o tre servidori e due o tre donne, possiamo assai comodamente dimorare e tener anco un paio di cavalcature, facendo una vita allegra e quieta. Se poi averemo figliuoli, come siano allevati ad età di poter servire, gli metteremo in corte e con altri baroni, di modo che eglino, essendo da bene, s’acquistaranno onore e roba, e riuscendo da poco e da niente, il danno sia loro. E sallo Iddio che mio sommo contento sarebbe che noi il tempo che ci avanza da vivere sempre insieme potessimo al bene e al male dimorare. Ma conoscendo in alcuna parte l’animo vostro, che più stima fa d’un’oncia d’onore