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onorare e guiderdonare tutti quelli che le pareva che per alcuna vertù il valessero, di modo che ne la casa di questi dui magnanimi prencipi si riparavano d’ogni nazione uomini vertuosi in qual si voglia essercizio, e ciascuno secondo il merito e grado suo era ben visto ed intertenuto. Ora avvenne che in quei giorni fu un cavalier boemo, vassallo del re Mattia, perchè anco era re di Boemia, il quale, di casa nobilissima nato e molto de la persona prode e ne l’armi essercitato, s’innamorò d’una bellissima giovane, molto nobile e che il titolo portava d’esser la più bella de la contrada, che aveva un fratello, ancor che gentiluomo fosse, povero e dei beni de la fortuna molto mal agiato. Il cavalier boemo era altresì non molto ricco ed aveva solamente un suo castello, ove con gran difficultà da par suo viver poteva. Innamoratosi adunque de la bella giovane, quella al fratello di lei domandò ed ebbe per moglie, con assai poca dote. E non essendosi ancora ben avveduto de la sua povertà, l’aver condotta la moglie a casa gli aperse gli occhi, e cominciò avvedersi quanto era mal in arnese e come difficilmente si poteva mantenere con le poche rendite che dal suo castello traeva. Era egli uomo gentile e da bene, il quale a modo veruno i suoi soggetti che aveva non voleva di spese straordinarie gravare, contentandosi di quel censo che ai suoi avoli erano consueti pagare, che era molto poca moneta. Onde conoscendo che di straordinario aiuto gli era bisogno, gli cadde ne l’animo, dopo molti e varii discorsi tra sè fatti, di mettersi in corte ai servigi del re Mattia suo signore, e quivi tale di sè dar esperimento ed in modo adoperarsi, che egli e la moglie si sarebbero da lor pari potuti mantenere. Ma tanto e sì fervente era l’amore che a la sua donna portava, che non gli pareva possibile poter vivere senza lei un’ora, non che star senza quella lungamente in corte. Chè di condurla seco e tenerla ove la corte facesse dimora non gli piaceva. Onde, tutto il giorno pensando su questo fatto, ne divenne molto malinconico. La moglie, che era giovane saggia e avveduta, veggendo il modo del vivere del marito, dubitò che quello non avesse forse alcuna mala contentezza di lei, il perchè un dì così gli disse: – Marito mio caro, volentieri, quando credessi non farvi dispiacere, vi chiederei una grazia. – Chiedete, – rispose il cavaliere, – ciò che più vi aggrada, chè pur ch’io possa, farò di buon core quanto voi mi chiederete, perciò che altro tanto desidero compiacervi, quanto faccio la propria vita. – Alora la donna molto modestamente il pregò che le volesse scoprire la cagione de la sua mala contentezza, che mostrava nel