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novella i. 17

della maniera che resoluti siete. A voi non mancheranno generi secondo la qualità e grado della condizion vostra. Ed acciocchè con alcuno essempio io dimostri quanto nocivo sia far mercatanzia di questi matrimonii, a me piace di narrarvi le funeste e lagrimose nozze d’un cittadino di Firenze, origine e cagione della rovina e divisione di quella nostra città, che fino a quel tempo era vivuta in grandissima pace e tranquillità, essendo quasi tutta Italia piena di sètte e di parzialità.

Erano adunque gli anni di nostra salute mille ducento quindeci, quando il miserabil caso, di cui parlarvi intendo, avvenne; e fin allora la città nostra era sempre stata ubidiente a li vincitori, non avendo i fiorentini cercato di ampliar lo stato loro nè offender li vicini popoli, ma solamente atteso a conservarsi. E perchè li corpi umani quanto più tardano ad infermarsi, tanto più le infermità che poi li sopravengono o di febre o d’altro male sono più dannose e mortali e seco mille pericoli recano, così avvenne a Firenze che, quanto più tardi ella stette a pigliar le parti e divisioni che per tutta Italia con rovina di quella erano sparse, tanto più poi di tutte l’altre dentro vi s’involse, e le sètte seguitò, cagione del miserabile essilio e crudel morte di tante migliaia di cittadini. Chè in vero, chi ben calcolasse, io penso che tanti uomini siano stati cacciati di Firenze e tanti miseramente ammazzati, che, se fossero uniti insieme, farebbero una città più maggior assai che ora essa Firenze non si trova. Ma, venendo al fatto, dico che tra l’altre famiglie della nostra città nobili e potenti, due ce n’erano per ricchezze e sèguito di gente potentissime e di grandissima reputazione appo il popolo, cioè gli Uberti e i Buondelmonti, dopo li quali nel secondo luoco fiorivano gli Amidei e li Donati, ne la qual famiglia de li Donati si ritrovava una gentildonna vedova molto ricca, con una figliuola senza più d’età idonea a poter maritarsi. La madre di lei, veggendola di bellissimo aspetto ed avendola molto costumatamente allevata, e pensando a cui la dovesse maritare, le occorrevano molti nobili e ricchi che le piacevano assai; nondimeno sovra tutti gli altri pareva che le aggradasse più messer Buondelmonte de’ Buondelmonti, cavaliere molto splendido e onorato, ricco e forte giovine, che della Buondelmondesca fazione era allora il capo. Disegnando adunque darla a costui, e parendole che il tempo non passasse, per esser il cavaliere e sua figliuola giovini, o fosse negligenza o che che se ne fosse cagione, andava differendo, e di questo suo disegno nè parente nè amico faceva consapevole. Mentre che la vedova temporeggiava, e forse cre-