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dirvi, chè in vero mi fu, se dir lice, più che gratissima. E perchè io in breve sarò in Milano, ove mi fermerò per qualche tempo, non vi risponderò altrimenti a l’ultima parte di essa lettera, perchè quando saremo insieme io sodisfarò molto meglio a bocca a quanto desiderate che per me si faccia che ora non farei con lettere; e mi rendo sicuro che il tutto senza difficultà nessuna otterremo, e tanto più facilmente quanto che colui dal quale voi devete esser servito ha bisogno del favore dell’illustrissimo monsignor di Lautrecco, il quale leggermente da voi gli sarà impetrato, non ricercando egli se non cosa giusta ed onesta, e voi appresso il detto monsignor potendo molto, come la fedele ed assidua vostra servitù e le vostre rare vertuti meritano. Or tornando a la lettera vostra, pensate se poteva in meglior luogo e tempo trovarmi che in Gazuolo. Come ella fu da me letta, io la diedi in mano al nostro cortesissimo signor Pirro Gonzaga, dicendogli queste precise parole: – Se io ora in Mantova o altrove mi ritrovassi, al ricever di questa lettera me ne montarei a cavallo e verrei a ritrovarvi ovunque voi vi ritrovassi, per servir il signor Francesco. Pensate mò quello che io farò essendo qui a la presenza vostra. – Alora egli lesse la lettera, e ridendo mi disse: – To’ la tua lettera, e non mi dir parola, chè io non farò cosa di che mi parli, ma farò ben quanto il signor Francesco ti scrive. – Poi soggionse come egli si mette in ordine per andar a la corte del re cristianissimo, e passerà per Milano ove tutto ciò che bramate averete. E forse che di compagnia verremo. Restami a la terza parte de la lettera vostra rispondere, ove voi mi pregate ch’io voglia farvi copia d’alcune mie novelle. Io era d’animo d’aspettar fin che io venissi a Milano, ma sovvenutomi poter al presente sodisfarvi, ve ne mando una avvenuta non è molto in Mantova, che io questi dì scrissi, essendo stata recitata a Diporto, a la presenza di madonna Isabella da Este marchesana di Mantova, da messer Alessandro Orologio, segretario dell’illustrissimo e reverendissimo signor Gismondo Gonzaga cardinal di Mantova. Questa adunque vi mando e voglio che vostra sia in testimonio de l’amor nostro. A Milano poi ve ne mostrerò molte altre, da me a diversi amici e signori miei donate, per non aver io altro con cui possa mostrarmivi grato. State sano.