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IL BANDELLO
a la molto illustre e vertuosa eroina
la signora
IPPOLITA SFORZA E BENTIVOGLIA
Si ritrovarono ai giorni passati in casa vostra in Milano molti gentiluomini, i quali, secondo la lodevol consuetudine loro, tutto il giorno vi vengono a diporto, perciò che sempre ne la brigata che vi concorre v’è alcun bello e dilettevole ragionamento degli accidenti che a la giornata accadeno, così de le cose d’amore come d’altri avvenimenti. Quivi sovragiungendo io, che mandato dal signor Alessandro Bentivoglio vostro consorte e da voi a la signora Barbara Gonzaga contessa di Gaiazzo, per cagione di dar una de le signore vostre figliuole per moglie al signor conte Roberto Sanseverino suo figliuolo, allora ritornava con la graziosa risposta da lei avuta, tutti tre andammo in una camera a la sala vicina, ove io quanto negoziato aveva v’esposi. Parve al signor Alessandro e a voi che il tutto a quei gentiluomini che in sala aspettavano si devesse communicare, acciocchè ciascuno dicesse il suo parere. Proposi in sala a la presenza di tutti il fatto, come prima al vostro consorte e a voi detto aveva. Furono varii i pareri de la compagnia, secondo che gli ingegni, le nature e l’openioni sono diverse. Tuttavia ultimamente, il tutto ben considerato, si conchiuse non esser più da parlar con la signora contessa di questa pratica, poi che di già l’arcivescovo Sanseverino zio del conte Roberto teneva il maneggio di dare al detto suo nipote la sorella del cardinal Cibo, acciocchè papa Lione contro voi non s’addirasse. E così mi commetteste che di cotal deliberazione io n’avvisassi la contessa, il che fu da me il seguente giorno puntualmente eseguito. Era tra gli altri in compagnia il molto gentile messer Lodovico Alemanni, ambasciator fiorentino, il quale, avendo inteso la prudentissima risoluzione che si fece, assai con accomodate parole quella lodando, disse, che meglio far non si poteva. Ed a questo proposito egli narrò un fierissimo accidente, altre volte a Firenze avvenuto. Il quale essendo attentamente stato udito, viepiù confermò il signor vostro consorte e voi ne la fatta conchiusione. Ond’io, parendomi il caso degno di compassione e di memoria, così precisamente com’era stato dal-