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di matteo bandello 9

zando a’ suoi amici: in esse lettere, le quali si veggono omesse nelle ristampe fatte nel 1560 e 1566, narra per lo più quando e come sia egli venuto in cognizione di quel fatto che è per raccontare, e cui vuol far credere per pura verità. Lo stile è piuttosto colto e studiato, che che taluno n’abbia detto in contrario, non però in guisa che possa mettersi a confronto di quello del Boccaccio. A confronto bensì della libertà con cui il Boccaccio ne stese parecchie in genere di amori, si possono metterne non poche; e per questo conto il Bandello non si è meritata lode alcuna dagli uomini saggi, i quali all’incontro si sono maravigliati come un religioso, regolare e vescovo ancora, potesse scrivere e pubblicare racconti così profani ed impuri. Gli stessi padri Quetif ed Echard, di lui parlando, e queste novelle riferire dovendo, non hanno saputo dissimulare in certo modo il rossore loro col dire che puderet referre (haec opera) ut virum religiosum minime decentia, nisi manibus omnium versarentur. Due cose tuttavia, non per sufficiente sua difesa, ma per rendere minore la sua colpa, si vogliono qui da noi osservare: l’una è che le dette novelle, per quanto chiaramente si conosce dalle lettere dedicatorie che vi sono in fronte, furono da lui scritte assai prima di esser vescovo e di andare in Francia; l’altra è che, quantunque i primi tre volumi di dette novelle fossero stampati mentre era vescovo, non però nel frontespizio nè altrove fu posto il suo nome, e molto meno la sua dignità, ma solamente il suo cognome così: Le Novelle del Bandello, e in fronte alle lettere dedicatorie si legge unicamente: Il Bandello, ecc. Ciò ha dato motivo ad alcuno di dubitare se il nostro Matteo sia il vero autore di dette novelle. Alcuno ha sostenuto che se ne abbia a riconoscere per autore, non lui, ma un certo Giovanni Bandello lucchese. Il fondamento tuttavia, al parer nostro, non sussiste a fronte delle ragioni in contrario. Sei delle mentovate novelle si trovano nel volume terzo del Novelliero Italiano. In Venezia, presso Giovan Battista Pasquali, 157i, in-8.

IV. Molte altre opere ha composte, le quali non sappiamo essere alle stampe. Di alcune ci ha lasciata notizia Leandro Alberti. Questi dopo aver chiamato Matteo, virum in scribendo floridum, clarum, nitidum, emunctum, et accuratum, cuius insignes dotes si narrare voluero, me potius tempus deficeret, così soggiunge: Eius scripta totum illum