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ma che tutto il tempo de la sua età fosse stata nodrita in corte, di modo che madama mi disse volerla pigliar in casa ed allevarla con l’altre donzelle. Perchè poi si rimanesse, io non vi saperei già dire. Ritornando dunque a Giulia, vi dico che ella tutti i giorni che si lavorava non perdeva mai tempo, ma o sola od in compagnia sempre travagliava. Le feste poi, come è la costuma del paese, ella dopo il desinare andava con l’altre giovanette ai balli e davasi onestamente piacere. Avvenne un dì che, essendo ella in età di circa dicesette anni, che un camerier del detto monsignor vescovo, che era ferrarese, le gettò l’ingorda vista a dosso veggendola ballare, e parendogli pure la più vaga e bella giovanetta che veduta di gran tempo avesse, e tale che, come s’è detto, pareva ne le più civili case nodrita, di lei sì stranamente s’innamorò, che ad altro il suo pensiero rivolger non poteva. Finito il ballo, che era parso lunghissimo al cameriero, e cominciandosi a sonare un’altra danza, egli la richiese di ballare e ballò seco un ballo a la gagliarda, perciò che ella a la gagliarda danzava molto bene e tanto a tempo, che era un grandissimo spasso a mirarla come aggraziatamente si moveva. Ritornò il cameriero a danzar seco, e se non fosse stato per vergogna, egli ogni danza l’averebbe presa, parendogli quando la teneva per la mano che sentisse il maggior piacer che sentito avesse già mai. E ancor che ella tutto il dì lavorasse, nondimeno ella aveva una man bianca, lunghetta e morbida molto. Il misero amante così subitamente di lei e de le sue belle maniere acceso, mentre che credeva mirandola ammorzar le novelle nascenti fiamme che già miseramente lo struggevano, non se ne accorgendo a poco a poco le faceva maggiori, accrescendo con gli sguardi la stipa al fuoco. Ne la seconda e terza danza che seco fece, assai motti e parolucce il giovine le disse come far sogliono i novelli amanti. Ella sempre saggiamente gli diede risposta dicendo che non le parlasse d’amore, perciò che a povera giovane come ella era non stava bene mai a dar orecchie a simil favole, nè altro mai l’importuno ferrarese cavare ne puotè. Finito il ballare, il ferrarese le andò dietro per imparar ove ella aveva la stanza. Ebbe poi più volte e in Gazuolo e fuori comodità di parlar con Giulia e di scoprirle il suo ferventissimo amore, sforzandosi pur sempre di farla de le sue parole capace e riscaldarle il freddissimo petto. Ma per cosa ch’egli le dicesse già mai ella punto non si mosse dal suo casto proponimento, anzi caldamente lo pregava che la lasciasse stare e non le desse noia. Ma il meschino amante a cui