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IL BANDELLO a la molto magnifica signora la signora IPPOLITA VESCONTE ED ATTELLANA salute Io crederei d’esser degno d’un grandissimo castigo, s’io una de le mie novelle che di giorno in giorno scrivo al vostro nome non dedicassi, non perché voi siate consorte del nobilissimo e vertuoso signor L. Scipione Attellano, che è quell’uno a cui la vita debbo, ma perché sempre v’ho conosciuta donna di gran- dissimo giudicio ed ornata d’innoverabili e lodevoli doti. Que- sta adunque al vostro nome ho dedicata, che non è molto il gentilissimo messer Filippo Bosso narrò in un’onorata compa- gnia. So che non m’accade dirvi che cortesemente l’accettiate sapendo per chiara esperienza tutte le cose mie esservi accette. State sana. NOVELLA XXVIII Vari accidenti e pericoli grandissimi avvenuti a Cornelio per amor druna giovane. L’anno a punto che Massimigliano Sforza per suo mal go- verno miseramente perse lo stato di Milano, dopo la famosa rotta fatta degli svizzeri tra San Donato e Melegnano, fu general- mente quasi di tutto lo stato cacciata la fazione ghibellina per conseglio ed opera del signor Gian Giacomo Triulzo, che ad altro non attendeva che a deprimerla. Il perché in quei di ai fuoru- sciti di Lombardia fu la cittá di Mantova sicurissimo porto e re- fugio certo, ove il signor Francesco Gonzaga marchese, uomo liberalissimo, assai ne raccolse. E ben che egli avesse dato per