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NOVELLA I (li) 83 poi che vidi che indarno me affaticava o per restituire la battaglia o per levarmi vivo fora de le mani de li nemici, fui forzato, avendo già alcune ferite ricevute, rendermi prigione. E in quella misera calamità tanto di bene pure mi avenne, che la maiestà del mio volto e l’essere conte di Fiandra mi salvò, e di modo a quelli da li quali fui preso venerabile mi rese, che io da loro non ebbi né ingiuria né disonore alcuno, anzi per lo spazio di anni diciotto fui, de la libertà in fuori, assai ben trattato. Volsi più e più volte mettermi a pagare la taglia per liberarmi, ma non ne volsero parola ascoltare già mai, e meno mi volsero dare commodità che io potessi a nessuno de li miei scrivere. A lungo poi andare, veggendomi non essere più con tanta solenne custodia tenuto come da principio solevano, mi deliberai fuggire. Indi, pigliata uno di la occasione, là, cerca mezza notte, che ogni cosa era quieta, me ne fuggii. Ma di novo fui da alcuni barbari, che non mi conoscevano, fatto prigionero. A me non parve di scoprirmi loro ciò che io mi fossi. Cosi eglino mi condussero in la Asia e mi vendettero per vile schiavo a certi soriani, con li quali per ispazio di dui anni dimorai, lavoratore di campi, lavorando e zappando la terra, tagliando legna, attignendo acqua e altri servigi rusticani a la meglio che poteva facendo; di modo che con queste mani, con le quali tante fiate avea onoratamente combattuto e vinti gli avversari e con imperiale scettro tanti popoli governato, facea tutti gli esercizi de la villa. Finalmente, avendo nostro signore Iddio compassione a la mia lunga e faticosa servitù, passando per quei luoghi, ove io in uno boschetto tagliava legna, alcuni mercanti todeschi, perché era tregua tra latini e orientali, mi raccomandai loro; li quali, mossi del caso mio a compassione, non mi conoscendo per altro che per uno povero fiammengo, con picciolo prezzo mi riscattarono e mi donarono anco danari da poter più commodamente ridurmi a casa. Ma, lasso me! quanto mi era meglio che io la mia vita avesse in quella cattività finita, che essere venuto in casa mia a udirmi dire da li miei soggetti su il viso che io sono uno truffatore c che non sono il vero Baldoino. Questo non aspettava io già