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NOVELLA LXVI 57 vanno facendo la ruota per ghermirmi per la mischia di questi di; ma se mi s’accostano, io darò loro di quello che non vanno forse cercando. — A queste parole Gian Battista, rivolto ai sergenti, disse loro molto arditamente:,— Compagni, volete voi nulla, che ci andate cosi attorniando? — I sergenti alora con le berrette in mano: — Signore — risposero, — noi abbiamo commissione da la corte di condurvi in prigione. — Me? — disse Giovan Battista. — Se la cosa è criminale, non v’accostate, perché, al corpo di Cristo, io vi darò de le croste e vi gratterò la rogna, insegnandovi a trescar con i par miei. Se la cosa è civile, io liberamente verrò al signor luogotenente a presentarmi. — Ella è — soggiunsero gli sbirri — per debiti che in questa città devete pagare. — Oh, questo è un nuovo caso! — disse il giovine. — Io son qui per riscuoter danari e debbo aver una gran somma, e mò si vorrà ch’io sia il debitore! Andate, andate, ch’io vengo mò mò a Palazzo. — Partiti gli sbirri, trovarono il vecchio che gli attendeva, il quale, come gli vide senza il pri- gionero, domandò loro per qual cagione non avevano preso il giovine. Eglino si scusarono che sempre l'avevano trovato con buona compagnia. Il maladetto vecchio, veggendo le sue volpine malizie non gli esser riuscite, si trovò molto di mala voglia e, quasi presago de la sopravegnente rovina, non sapeva che farsi. Gian Battista se n’andò di lungo a Palazzo e, presentatosi al giudice, disse: — Signore, io sono il tale, cui contra concesso avete presa di corpo. Eccomi per sodisfar a tutto quello di che con ragione sarò debitore. — Il giudice, veggendo il buon aspetto del giovine e cosi ben vestito, gli disse: — Gentiluomo, io ho data la commessione ad instanzia del tal mercadante. — Fu fatto venir il zoppo in palazzo, che vi venne come la biscia a l’incanto. Alora Gian Battista, rivolto al giudice, disse: — A ciò che voi conosciate la malignità e ribalderia di costui, eccovi la cedula di sua mano, sottoscritta dal notaro e testimoni, come egli è debitore al mio maestro di mille ducati. Eccovi la mia procura di riscuotergli. E perché conosciate che io non son fuggitivo e confesso essergli debitore di dieci ducati, leggete questo mio scritto, ove da una parte del foglio scritto è il suo