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43 PARTE TERZA contrafatto, che pareva proprio un Esopo. Accostatosi adunque al simione, lo domandò ove era il fattore del messere. Il si- mione, veggendo questo nuovo Squasimodeo, se gli avventò a dosso e lo cominciò con denti ed unghie senza pettine a car- mignare. Il povero uomo gli usci pure da le mani, e pensando tuttavia che egli fusse uomo, gli diceva in loquela ambrosiana: — Al corpo del vermecan, voi potreste ben esser gentiluomo, ma gli atti vostri sono da un ghiottone! Ed ora me n’accorgo, che vi veggio incatenato, ché se me ne fossi prima accorto, 10 non vi veniva già appresso. — Ma tornando a la novella, voi, in cambio di questa, mi canterete un di con la vostra ci- tara a l’improviso di quel soggetto che io vi proporrò, essendo oggidì voi in Italia nel cantare a l'improviso da esser annoverato tra i primi, così séte facondo, copioso, dolce e presto al cantare. Un’altra parte avete che a me pare mirabilissima: che da ogni tempo e in ogni luogo sempre séte pronto a dire, non sofferendo d’esser pregato. State sano. NOVELLA LXV Una simia, essendo portata una donna a sepellire, si veste a modo de la donna quando era inferma e fa fuggire quelli di casa. Al tempo che lo sfortunato duca Lodovico Sforza governava 11 ducato di Milano, per quanto già mi narrò mio padre, che era capo di squadra ne la guardia del castello de la città di Milano, era in detto castello una simia molto grossa che, per esser piacevole, ridicola e non far mai danno a nessuno, non si teneva legata, ma, lasciata in libertà, andava per tutto il castello. E non solamente in castello, ma usciva fuori e ne le case de le contrade Maine, di Cusano e di San Giovanni sul muro conversava molto spesso. Ciascuno le faceva carezze e le dava de le frutte ed altre cose a mangiare, si per rispetto del duca, come anco perché era piacevolissima e faceva mille cose e giuochi da ridere, senza far male né morder persona. Ora tra l’altre case ove frequentava più, era la casa d’una vecchia gentildonna, che aveva l’abitazione ne la contrada de la parrocchia