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IL BANDELLO

a la illustre eroina

la signora

veronica gambara di correggio


Avvenne nel tempo de l’infelice Lodovico Sforza duca di Milano in una cittá del suo dominio che una gentildonna di gran parentado si conobbe esser vicina al morire; e sapendo che i medici per disperata avevano la cura di lei, fece chiamar a sé dui frati osservanti di san Domenico, dei quali l’attempato era quello a cui ella era solita confessar i sui peccati, e gli disse: — Padri miei, io conosco manifestamente che piú poco di vita m’avanza e che in breve anderò in altra parte a render conto come io di qua mi sia vivuta. E per fare dal canto mio ciò ch’io posso per scarico de l’anima mia, vi dico, affermo e confesso come il tale dei miei figliuoli — e quello nomò — non è figliuolo di mio marito, ma d’un mio amante, essendo mio marito fuor de la cittá, al quale diedi ad intendere, quando rivenne, che il figliuolo era nasciuto di sette mesi. Come io sia morta, congregate i miei figliuoli e a loro questa mia ultima confessione a mio nome manifestate. — E fatto chiamar il notaio che il suo testamento aveva scritto, gli disse: — Notaio, farai intender a’ miei figliuoli che di quanto dopo la morte mia gli diranno questi dui frati, credano loro e diangli quella fede che a me propria fariano. — Si mori la donna, e dopo alcuni dí, finiti tutti gli uffici, i dui frati fecero un di congregar i fratelli, ch’erano