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OTA donna aveva fatti metter insieme, acciocché filando l’uno e inaspandol’altro potessero, qualche canzonetta cantando, passar i giorni suoi. Il cancelliero insieme con li conseglieri, come vide li baroni, le venne prima pietà; p0j considerando il fatto, li giudicò degni di cotal castigo; e formato processo ritornò alla corte. Il quale alla presenzia del re, della regina e de tutti 1 principal baroni del regno, letto e bene esaminato, tenendo più degli altri la regina la ragione della savia donna, sentenziò Sua Maestà ch’el signor Scipione avesse il possesso di tutto l’avere de’ beni mobili e feudi dei doi baroni ongari per lui e suoi eriedi in perpetuo, e che essi baroni fussero delli regni di Ongaria e Boemia banditi, con taglia che se i loro bandi rompessero, fussero come (>) pubblici manigoldi frustati. Fu la severa sentenza mandata subito ad esecuzione, e il cavaliere andò al possesso de’ beni loro. Comandò il re e la regina che la bella e non mai a bastanza lodata donna venisse alla corte, ove ila Sua Maestà gratamente fu raccolta e da tutti universalmente con infinita meraveglia veduta e onorata. E la regina, presala per figlia spirituale, le assignò grossa provisione, t sempre la ebbe carissima. L’incontro poi che il cavaliere suo marito le fece, ognuno lo può giudicare, il quale da soverchia allegrezza quasi nel primo incontro cascò da cavallo, né potea formar parole per dir che la fusse la ben venuta. Ma lei con la solita prudenzia sua subito le disse: — Marito e signor mio, ne sia sempre rese grazie alla bontà de Dio che a me ha dato forze e modo di mantenere quello che avea promesso, e a voi modo ora di vivere secondo che sempre desiderato avete. Ma più comodamente ragionerò con voi i fatti nostri, — volendo inferire, quando saranno alle stanze loro, e forse in letto. II cavaliere, cresciuto in facultà e dignità ed essendo dal re molto amato e carezzato, visse lungamente con la sua cara moglie in pace, né si scordando del polacco, fattore della immagine, di danari e de altre cose le mandò un ricco dono. Né li baroni più da alcuno della corte furono in ninna altra parte veduti; onde si tenne per fermo che, come disperati e scornati, si facessero turchi. L’altro manoscritto appartiene alla Bibliothèque de la Ville (n. 837, già 11, 70; ant. mini. 3041) di Tolosa, e fu primamente fatto conoscere dal cavalier Costanzo Gazzera, che in una Notizia intorno ai codici manoscritti di cose italiane conservati nelle biblioteche de! Mezzogiorno della Francia, da lui premessa al Trattato della dignità ed altri inediti scritti di Torquato Tasso (Torino, stamperia reale, 1838, p. 69), scrisse: « Ho pure veduto un elegante codicetto, ed autografo, di una novella di Matteo Bandello, già edita, ed è quella che contiene l'Istoria di Odoardo re d'In- I (1) « Da » corregge il Cicogna.