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NOTA 335 1848 (') e ora è conservato tra i manoscritti Cicogna del Museo civico Correr di Venezia (n. 3274, nuovo 3000,14). La scrittura è certamente del secolo xvi, ma nulla nel codice oflre indizio della sua provenienza. Il Cicogna credette che si trattasse di un primo abbozzo, sul quale il Bandello sarebbe ritornato più tardi, quando preparava le Novelle per la stampa, aggiungendo allora alla novella la dedicatoria e l’introduzione, che infatti mancano nel codice. Io credo invece che si tratti di copia fatta da mano veneziana sopra chi sa quale esemplare, togliendo da questo tutto ciò che al racconto dà la sua impronta di vivo discorso parlato e ogni altro carattere personale, come abbiam visto fatto dal Centorio, dall’ Ulloa, dal Sansovino, e come l’autore non avrebbe fatto in una prima, bensi in una seconda redazione. Infatti non solo è soppressa la dedicatoria, ma anche l'introduzione, e perfino l’inciso (cfr. nella nostra edizione, voi. 1, p. 261, r. 5): « come qualunque persona che sia qui può per fama aver inteso»; onde la novella comincia senz’altro: « Matia Corvino fu re di Ongaria ». Inoltre dove la prima volta è nominata la città di Cuziano, nel ms. manca l’inciso (ricordo spontaneo, e opportuno nel racconto parlato, di chi vien da paese ignoto a chi ascolta): « ove sono le vene de l’argento e degli altri metalli in grande abondanza ». Cosi manca quest’altro tratto tutto personale: « e chi, per Dio, averebbe mai cosi fatto incantesimo ¡maginato? » (p. 268). Quanto alla « venezianità », essa mi è largamente provata da parecchie forme venete che si leggono nel ms.: «agiuto, giogie, biastemando, lessegni, mortaggio (mortaio), andeo, sazzo (saggio) »; di più mi pare dialettale questa espressione che a guisa di commento il ms. aggiunge alla stampa: «perché infatto era alquanto perso ». Ma, a differenza del Centorio e dell’Ulloa, l’ignoto copista tocca anche il testo. Infatti anzitutto muta i nomi di due personaggi: Ulrico diventa Scipione; Uladislao Federigo, e questi nomi sostituiti sono assai meno boemi dei primi, e concorrono a diminuire il color locale e il carattere personale della novella. Ancora: nel ms., contro il costante uso del Bandello, si legge « puntualmente » per « puntalmente » e il numerale «due» indifferentemente pel maschile e pel femminile; non bandelliana è anche la forma «paragone» in luogo di «parangone». In un (1) Novella di M. B. riprodotta con varianti sopra un ms. del secolo XVI (Venezia, Merlo, 1848).