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NOVELLA XXVIII 3*5 non che Claudio era uno ghiotto e che non valeva nulla, e che a modo veruno noi voleva in casa. Onde, veggendo il notaio che il drappieri non sapeva in escusazione sua dire cosa valevole e che nel parlare si ingarbugliava, tenne per fermo che il caso fosse come il figliuolo avea sempre narrato. Il perché in questa guisa disse: — Amico, poi che tu non vuoi servare le convenzioni che tra noi giuridicamente furono per scrittura autentica per mano di publico notaio fatte, che sono di tenere mio figliuolo in bottega tre anni e, facendogli le spese, insegnargli il mestiere de la drapperia, tu mi restituirai li novanta scudi che per tale cagione ti diedi. — Il drappieri, vinto da la còlerà, non solamente diceva non li volere dare uno tornese, ma che, non si partendo egli e il tristo di suo figliuolo, li menacciava di far loro fare si strano scherzo che sarebbe a tutti dui rotto il capo. Onde, lasciatosi vincere da la còlerà, cacciò mano a la daga che a lato portava e, non guardando che era in chiesa, voleva ferirli. Seguiva senza dubbio lo effetto; ma molti preti, che erano in chiesa, corsero al romore e spartirono la mischia, e al mercante fu levata la daga di mano e stranamente da quelli sacerdoti percosso, che fosse stato ardito a mettere mano a le arme ne lo sacrato tempio del nostro signore Iddio. Parendo al padre di Claudio avere ragione di potersi a la giustizia querelare, andò a trovare li giudici de la giustizia di Lione, e propose loro la sua querela. Onde fu di bisogno, per contestar la sua lite, che narrasse loro tutta la istoria occorsa tra il mercante e la Catarina, e tra suo figliuolo e la moglie del mercante. Fu messa in iscritto la detta istoria con gran piacere di tutti gli assistenti, e massimamente de li signori giudici, e vituperio infinito di esso mercante. Il quale, essendo citato dinanzi al tribunale de la giustizia e non sapendo né potendo negare cosa alcuna che opposta li fosse, dopo la debita consultazione, fu condannato a restituire al nctaro li novanta scudi, e a Claudio tutte le robe che ritenute gli aveva, e le spese del processo. Publicata la sentenzia da li signori giudici, il castrone ser balordo, non contento che tutto Lione sapesse come egli si aveva acquistato il cimiero di Cornovaglia, volle anco che a Parigi,