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PARTE TERZA era levato, di farsi venir Marco e udirlo sonare; ma o che eli io facesse a ciò che fosse secreto e non rivelasse ciò che eli con i baroni già detti faceva, o pur che volesse provare se egli cosi ben sonava con la piva come faceva con gli str- menti, più e più volte se Io recò in braccio, compiacendoli quello che, del re in fuori, deveva a tutto il mondo essere se sissima. E cosi la disonesta reina ora con uno ed ora con un altro, sempre che n'aveva l’agio, si trastullava e sempre pi- stracca che sazia rimaneva. Era bene per la corte qualche dubi de l’onestà sua; ma veggendo che il re più che gli occhi pr~ pri l'amava, nessuno ardiva farne motto, e gli adulteri and vano dietro a buon giuoco. Il re medesimamente, non conten de la possessione de la reina, amorosamente godeva una da— bellissima che stava in corte con la reina, con la quale eg' giocava spesso a le braccia, ma sempre toccava a la donna a star di sotto. Questa dama era sorella di maestro Antonio Bri medico, al quale il re faceva di gran carezze e mostrava averi molto caro. S’accorse poi il re come questa dama si domes' cava troppo volentieri con gli uomini e che spesso voleva a la lotta ¡sperimentare chi fosse di più forte nerbo e dura schen del che non mezzanamente si turbò e sdegnossi seco. Ond- fattosi un giorno chiamar il fratello di lei, in questo modo gli disse: — Antonio, assai mi rincresce dirti cosa che ti possa fir dispiacere, perché t'amo e vorrei poterti sempre far cosa eh grata ti fosse; ma per onor mio io sono sforzato dirti quan‘ ora ti dirò. Io voglio metter in assetto e regolar la corte di mr moglie e levarne certe pratiche che non mi piacciono. Ed a far questo egli è sommamente necessario che tua sorella p molti rispetti non resti in corte, perché tanto non potrei or nare quanto ella metterebbe in disordine. Levala adunque di corte e provedi a' casi suoi, ché a me non piace che ella a modo alcuno più ci stia. Ma per tuo e suo onore, io giudi che fosse ben fatto che ella chiedesse licenza a la reina a la pr senza de l'altre dame e damigelle, con trovar qualche scusazio che più non può restar in corte, ed io ordinerò a mia m glie che onoratamente le faccia la grazia. — Maestro Anto“’