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NOVELLA XXVII (i) 305 fuoco non divenisse troppo veemente, ma tale che a poco a poco, per maggior sua pena, il misero Turchi si arrostisse. Gli stava messer lo frate tanto vicino quanto da l’ardore del fuoco gli era concesso, e assai sovente dicea: — Simone, ecco il tempo fruttuoso de la penitenzia. — 11 povero uomo, fin che ebbe lena di parlare, sempre rispose: — Si, padre. — E per quanto egli si può per gli atti esteriori giudicare e comprendere, dimostrò il povero Turchi una grandissima contrizione e pazienza, e prese in grado si acerba e vituperosa morte, come era quella che lo sfortunato sofferiva. Come poi lo conobbero morto, prima che si finisse di essere dal fuoco in tutto disfatto, presero il mezzo arso corpo e lo portarono fora de la terra e il misero sovra una alta trave incatenato con catene di ferro, e li cinsero a lato il pugnale pistoiese col quale il Deodati era stato morto. Piantarono poi la trave in terra ben fondata su una corrente e maestra strada, acciò fosse da tutti veduto di che vituperosa morte fosse stato punito colui che il tale omicidio avea crudelemente commesso. Ora a me giova di credere che, trovandosi il misero Simone pentito de li peccati suoi e, come si dimostrò, ben disposto a morire, poi che necessario gli era essere morto, che poco si curasse di qualunque morte finisse la vita, pur che senza vergogna e vituperio fosse stato morto; con ciò sia cosa che non la qualità del supplicio, ma la cagione è quella che rende la morte abominevole e ignominiosa. Può bene la vertù onorare qualunque sorte di morire; ma la morte, in quale modo si sia, non può ne la vertù porre macchia alcuna già mai. Quando il contadino, che Giulio mandò con la lettera, fu dal giudice sostenuto, mandarono li magistrati d’Anversa uno ambasciatore in Acquisgrani al magistrato de la giustizia per avere il perfido romagnuolo e acerbamente punirlo. Ma quelli signori noi volsero dare; e acciò che non restasse la sua sceleraggine impunita, fecero prendere esso Giulio, il quale confessò l’omicidio come era seguito. Onde, avendoli fatto scavezzare le braccia, le coscie, le gambe e rotto il petto, lo tesserono in una ruota, ove fra dui di meritamente se ne mori. Ma per ultimare, si può dire che chi ben pensa la fine de le azioni sue, di rado M. Bandello, Novelle. 20