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29S PARTE QUARTA le gravissime ingiurie che a Lucca e qui mi hai fatte. Ora non siamo a Lucca, ove tu possa farmi incarcerare. Tu sei in mio potere. O tu ti delibera farmi uno scritto di tua mano del tenore che è questo da me scritto, o io con questo pugnale ti levo la vita. — Lesse il misero Deodati lo scritto, per lo quale si confessava debitore di alcune migliaia di scudi al Turchi, e disse che ne faria uno simile, e di propria mano ne fece uno e lo sottoscrisse, facendo la data di alcuni mesi innanzi. Ci sono molti che affermano lo scritto essere stato di altro tenore, cioè che Geronimo confessava avere proceduto malignamente contra il Turchi a Lucca ed essere stato egli che sfregiato lo avea su il viso, acciò che paressi che esso Turchi avesse giusta cagione di ammazzarlo. Ma sia come si voglia: può essere l’uno e l’altro. Avuto che ebbe il Turchi lo scritto e ripostolo in seno, cacciò mano al pistoiese e diede su il capo al Deodati una ferita. Ma perché era debole, lo feri alquanto su la testa e in una guancia. Il misero Geromino dimandava con pietosa voce: — Mercé, per Dio! mercé! non mi ancidere! —, II Turchi, o si movesse a pietà o non si sentisse forte, che più si crede, o che che se ne fosse cagione, gettato il pugnale in terra, se ne usci fora; e trovato Giulio che l’attendeva, li disse: — Io gli ho data una ferita, e non mi dà il core di occiderlo. Che faremo noi? — Che faremo? — rispose il ribaldo roma- gnuolo. — Poi che, padrone, siamo intrati in ballo, egli ci conviene ballare e ammazzarlo, altrimenti, se il fatto resta cosi, egli ci farà morire noi. — Va’ dunque tu e levali la vita — soggiunse il Turchi. Giulio allora, che deveva in Romagna, per quelle loro maladette parzialità, ove ammazzano sino i fanciulli ne la culla e per le chiese, devea, dico, essere stato a cento omicidii, intrò dentro in la sala, e preso il pistoiese, andò a la volta del sfortunato Deodati. Il quale, come vide venirselo addosso, pietosamente li disse: — Deh, Giulio, per l’amore di Dio, non mi ancidere! Io già mai non ti offesi. Se tu quindi cavare mi vuoi, io ti farò or ora uno scritto di mia mano di dui o tre millia ducati, e di molti più, se più ne vuoi; e ti prometto la fede mia di non mai offenderti né in detto né in fatto. —