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14 PARTE TERZA che vogliate sopportare che tutta la nobiltà d’Inghilterra debba morire, e che oggi uno sia ucciso e dimane un altro decapitato, di modo che oramai i nobili sono più rari che i corvi bianchi. — Il re, mostrandosi nuovo e non sapere a che fine il duca dicesse cotesto, gli disse: — Duca, per che cagione dite voi queste parole? Che vi muove a tanta còlerà, come io veggio esser adesso in voi? — Il duca alora gli rispose, dicendo: — Sire, a me sembra pur troppo di strano che Tomaso Cremonello, figliuolo d’un furfante cimatore di panni, si voglia tutto il di lavar le mani nel nostro sangue e fare un macello di tutti i nobili de la contrada, non essendo mai settimana che qualcuno non ne faccia decapitare, per restare senza persona che gli ardisca rinfacciare la viltà del suo sangue poltroniero, non si sapendo di che ceppo sùo padre sia uscito. Egli ha fatto condannare il signor Tomaso mio nipote a morte e vuole che dimane su la piazza di Londra publicamente, come un assassino, gli sia mozzo il capo. E perché? che sceleratezza ha egli commessa? che fallo, che per man d’un manigoldo debbia morire? Egli forse dirà: perciò che ha sposato la figliuola di madama vostra sorella, che nel primo matrimonio fu reina di Scozia. Ma questo che peccato è? Non sapete, sire, che i matrimoni deveno esser liberi e volontari e che ciascuna donna può prender per marito chi più le aggrada, ed altresi l’uomo è ne la medesima libertà, e il padre proprio non può vietare che la figliuola non prenda per marito quell’uomo che vuole? Non fa il matrimonio il giacer insieme e godersi carnalmente un uomo e una donna, ma il cambievole consentimento libero e volontario è quello che rende il matrimonio vero. Si che, signor mio, non permettete questi omicidii anzi publici assassinamenti, e levate via l’occasione ai vostri sudditi d’incrudelire contra i vostri ufficiali. — Il re su questo fece chiamare il contestabile in camera e gli domandò la cagione de la sentenza data contra il signor Tomaso. E dicendo il Cremonello certe sue pappolate senza ragione, il duca se gli rivoltò contra e senza rispetto veruno de la presenza del re e de l’ufficio del contestabile che egli aveva, gli disse le maggior villanie del mondo e fieramente