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NOVELLA LX 13 fosse possibile, vi si trovavano ed amorosamente si godevano. Ma perché uno smisurato amore non si può del tutto celare e a lungo andare partorisce troppo domestichezza, di maniera che s’usano degli atti e cenni che fanno .che la gente se n’accorge, la cosa fu da alcuni pigliata in sospetto; i quali, spiando più cautamente che poterono gli andari e l’operazioni di questi dui amanti, vennero, non so come, in cognizione eh'essi insieme si godevano. E perché l'invidia è proprio vizio dei cortegiani, ci furono di quelli che, non potendo sofferir il bene di questi dui amanti, lo rapportarono al re, certificandolo come il signor Tomaso si giaceva con la nipote sua assai sovente. Di che il re fieramente se ne sdegnò, e mettendogli de le spie a torno, una notte gli fece tutti dui a salvamano pigliare e metter in prigione nel castello di Londra, l’uno perciò separato da l’altro. Volendo poi il re intender come il fatto era passato, gli fece essaminare; i quali, non essendo per negar la verità, confessarono che come marito e moglie si giacevano insieme. E concordando l’una confessione con l’altra, e convenendo i constituti loro puntalmente insieme, gli essaminatori lo riferirono al re. Ora non so io per qual cagione il re non volesse accettare per buona questa loro vera confessione, la quale agli amanti nulla giovò; onde un giorno nel Conseglio privato del re Tomaso Cremonello conte- stabile d’Inghilterra, acerbo e perpetuo nemico di tutta la nobiltà de l’isola, de la quale la maggior parte aveva estinta e fattone infiniti decapitare, fece pronunziar la sentenza che al signor Tomaso nipote del duca di Nofoco fosse mozzo il capo. Si divolgò questa fiera sentenza per Londra con generai compassione di ciascuno, parendo a tutti che ella fosse pur troppo ingiusta. II perché, sentendo questo, il duca di Nofoco, uomo di gran riputazione appo il popolo e di nobilissima ed antica schiatta, se n'andò in castello per parlar al re; e trovato il contestabile che era ne l'anticamera, passò di lungo senza dirgli motto né fargli segno alcuno di riverenza, e picchiò a l’uscio de la camera del re, e subito fu intromesso. Come fu dentro, fece la debita riverenza al re, e pieno d'ira e mal talento, gli disse: — Sire, che cosa è questa che io veggio? Egli mi pare