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NOVELLA V (Vi) 145 lingua mia altri che noi dui ha inleso ciò che la tua voce significava. Sappia pure la mia incomparabile consorte, ovunque ella ora si trovi, che amore di duchessa, ancor che molte fiate ella si sia messa a la prova di tentarmi, né di altra donna, non mi ha fatto mancarle de la giurata promessa; ma uno certo non so che mi ha abbagliato l’intelletto, pensando io che, rivelando il nostro segreto al duca, io perpetuamente assicurassi la segretezza de li nostri amori. Tuttavia per essere io stato ignorante non è perciò che io non resti colpevole, non mi escusando in conto alcuno cosi grossa ignoranza, ché io devea sempre avere in mente non essere un simile segreto da rivelarsi già mai. E questa è la sola cagione che io la veggio qui morta dinanzi agli occhi miei. A me, signora mia, sarà meno crudele la morte che a voi, che per troppo lealmente amare avete posto fine a la vostra innocentissima vita. Ma a me che morte toccherà? lo stato vi sono, signora mia, infedele e traditore. E quali vizi ponno in corpo umano essere più orribili e più abominabili di questi dui? Potrò io sofferire la luce e il cospetto degli uomini con questa mia disonorata vita? Non sarò io mostro a dito da tutti? Non diranno grandi e piccioli:—Ecco Carlo Valdrio, vituperio de la sua prosapia, che tanti onorati baroni e famosi cavalieri per lo passato diede a la Borgogna? — Ma io non mi curerei le ciancie del volgo, pure che non fosse stato io cagione, signora mia, de la immatura vostra morte. Io, che devea an- cidere chiunque nemico vostro, aimèl vi ho uccisa! Lasso me ! signora mia soverana, se alcuno per qual si sia cagione fosse stato oso a la presenzia mia mettere mano a la spada per offendervi, non sarei io prontissimamente con l'arme in mano corso a defendervi e porre a mille rischi di morte la vita mia per salvezza de la vostra? Vi sarei io certissimamente corso senza téma alcuna. E se io invero fatto l’averei, perché non è egli giusto, e ragione e ogni giustizia il vuole, di cosi ribaldo omicida e perfidissimo più d’ogni altro assassino, che è stato ministro de la morte vostra, che da me la condecente vendetta sia fatta? Egli vi ha, consorte mia amabilissima, di altro colpo che di spada o spiedo miseramente svenata. Per M. Bandello, Novelle. IO