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NOVELLA V (Vi) 127 importa. Fateli quella debita provisione che la enormità del fatto ricerca. — Qui si tacque la sceleratissima femina e ne le braccia del marito, amarissimamente piagnendo, si abbandonò. Egli, che da uno canto teneramente la moglie amava e si sentiva da Carlo, se cosi era, gravissimamente offeso, che sempre tenuto aveva per buono e leale servitore, per averlo in molti affari ¡sperimentato fedelissimo, non si sapeva risolvere, trovandosi tra l’incude e il martello; e diversi pensieri fieramente il combattevano. Difficillimo gli era credere che Carlo tanta scelera- tezza mai avesse perpetrata. E pure la moglie costantemente l’accusava, né sapeva imaginarsi a che fine ella devesse questa favola avere ordita, di modo che egli sentiva dolore estremo. E ancora che la ira e lo sdegno lo stimolassero a prendere acerba vendetta contra Carlo, nondimeno, come prudente che era, non volle correre a furia. Deliberò vedere come Carlo si governeria e prendere, secondo che dire si suole, la lepre col carro. Andato adunque a la camera sua, mandò uno suo cameriere a Carlo a fargli dire che più non avesse ardire di venirgli innanzi, ma si ritirasse al suo alloggiamento fin che altro li facesse intendere. Credeva il duca, se Carlo era colpevole, che a tale commandamento conosceria la duchessa averlo accusato e che subito sarebbe uscito dal paese e retiratosi in luoco sicuro. Per lo contrario portava ferma openione che, essendo innocente, non arebbe atteso a altro che cercare la cagione de lo sdegno del signore e giustificarsi. Carlo a si insperato e dannoso commandamento si trovò fora di misura afflitto e stordito e molto più dolente che io non so isprimere, sapendo non avere in conto alcuno contra il suo signore di tal maniera fallo alcuno commesso che cotanto scorno meritasse. Nondimeno, conoscendosi innocente né imaginare in parte alcuna sapendo la cagione che mosso avesse il duca a dargli congedo fora di corte, trovò uno suo amico cortegiano cui narrò il suo infortunio, e lo pregò che al duca, presa l'occasione, volesse dare una lettera; il tenore de la quale era che supplicava il duca non voler, per malvagio rapporto che fatto li fosse da persona, credere che egli l’avesse, né in fatto né in detto, offeso già mai; ma