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NOVELLA III (IV) di tempo si mischiò carnalemente con tutte le concubine ami- dane. Si querelavano pubicamente li tunetani che Abdelchirino, uomo da bene e padre de la patria, fosse stato perfidiosamente da li suoi compagni tradito e morto; né potevano sofferire che la città devesse governarsi da cosi maligni uomini, che nessuno modo mettevano a la loro avarizia, a la libidine e a la crudel- tate. Vedevano, se aspettare volevano la matura età al governare del re fanciullo, che il magistrato de li tre tiranni di giorno in giorno divenirebbe più crudele e vie più insopportabile. In questo mezzo, mentre che Amida andava esplorando il volere di molti popoli e da tutti soccorso ricercava, nove amicizie e confederazioni facendo, l’infortunato Muleasse, per la sua cecità, prigionia e calamità miserabile, dal nipote re, figliuolo di suo fratello, impetrò potere uscire di carcere e de la ròcca e di poter andare al tempio di Ameto Bonari, che già fu da quei popoli riputato santissimo. Detto tempio ne la città di Tunesi appo gli africani era in grandissima riputazione, e si aveva in quello inviolabile sicurezza come sacrosanto e divinissimo asilo. Indi non molto dopo, essendo arrivato a la Goletta Bernardino Mendozza, prefetto di una armata spagnuola, fu da Tovarre esso Muleasse con licenzia del re condotto a lo stagno e di colà per nave a la Goletta menato, acciò che fosse presente a le consultazioni, cercandosi prendere l’armi contra Amida, il quale poco innanzi avea fuggita la morte che alcuni tunetani voleano darli, servato da la pietà di una povera vecchia che, da anile compassione mossa, quello sotto molti mazzi di aglio aveva nascoso. Né con minore sorte di salute si conservò, quando opportunamente fu condutto a la Goletta; perciò che Amida, figliuolo suo crudelissimo e nefario, avea deliberato nel tempio ¡stesso di Ameto ucciderlo. Ora, per lo tristissimo governo de li tre governatori chiamato da’ tunetani, Amida arrivò a Tunesi che a pena il re fanciullo puoté fuggire. Onde, presa la città e la ròcca, ebbe ne le mani Gian Perello, il quale con fierissimi e inauditi tormenti discruciò; e fattogli tagliare il membro virile, Io fece vivo abbrusciare. Mori costantemente il Perello, e prima che fosse cruciato, essendoli promessa la vita se