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NOVEl-l.A LI V 7' domandò s’aveva conoscenza in casa de la sposa. — Io ci sono domestico — rispose egli: — volete voi covelle? — Oh! — soggiunse Garbuglio, — questi dui gentiluomini questa matina hanno mangiato dei vostri salsiccioni bolognesi e si muoiono di sete. Per questo vedi di farci dar da bere, ché anco io, se bene non ho mangiato salami, berrò bene un tratto e voterò anco il bic- chiero. —Volete voi bere, gentiluomini? — disse il bolognese. Al quale essi risposero di si. — Venite adunque meco — soggiunse il buon uomo, e tutti tre gli condusse in casa de la sposa in sala, ove a punto si beveva. Come le donne videro Garbuglio, tutte lo cominciarono a pregare che volesse trovar un liuto e sonare, ché ballariano. A le quali Garbuglio disse: — Madonne, io vo' prima metter il becco in molle, e poi sonerò ciò che vorrete. — Fu dato da bere ai dui giovini ed al buffone, il quale, sendosi trovato un liuto, cominciò a sonare, e cosi la festa si mise a l’ordine. Ballò il primo ballo il parmegiano con madonna Bianca, ma poco o nulla ragionarono. Lione stette sempre a sedere, vagheggiando quanto più onestamente poteva la sua innamorata, la quale, veggendo dui suoi amanti insieme, non fece né a l'uno né a l’altro molto buon viso. Ora poi che Garbuglio ebbe sonato quattro o sei balletti, mise giù il liuto e si fini la festa, e gli uomini si partirono. Il parmegiano, veggendo che non poteva parlare a suo agio con madonna Bianca e che anco mandarle messi era diffidi cosa, non sapeva che si fare. Intendendo poi che ella era figliuola d’un parmegiano che già da lungo tempo teneva fondaco di speziarie in Vinezia, ebbe il modo d'informarsi benissimo chi egli fosse e di che gente in Parma, e trovò il tutto. Il perché, conoscendo tutto il parentado di quello e sapendo che erano più di quaranta anni che egli dimorava a Vinezia, ove madonna Bianca era nasciuta, s'imaginò una nuova astuzia, con la quale a lui pareva di potergli leggermente venir fatto di domesticarsi con il marito de la donna e consequentemente con lei. Essendo adunque un giorno in San Francesco e ragionando con uno scolare romagnuolo, essendo vicini d’Angelo Romano, venne un compagno d’esso parmegiano ed assai alto lo domandò co! nome del parentado