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NOVELLA 1.1 V 69 di messer Arminolfo Sicurano aveva fatto fuggir Vittore e ricevutone il prezzo di cento ducati. Ora non si trovando in Bologna uomo nessuno che si sapesse che tal nome avesse, fu giudicato che molto avvedutamente coloro che la libertà di Vittore avevano procurata avevano il caso loro negoziato; od il povero guardiano portò la pena del suo ed altrui delitto, perché la giustizia gli fece cacciar gli occhi di capo cosi fattamente che egli fra quattro o cinque di se ne mori. Non si poteva il governatore dare ad intendere che Vittore senza la scorta di qualche compagno fosse stato oso d'andar in una contrada piena di scolari, e solo far ciò che fatto aveva; onde diligentissimamente investigò chi praticava seco e chi era suo intrinseco amico. Facendo questa inquisizione, fu avvertito che di e notte Vergilio Tenca stava con lui e che il più de le volte mangiavano insieme. Fece alora il governatore citare Vergilio che gli devesse comparire dinanzi, perché voleva da lui informarsi d'alcune cose appartenenti a la giustizia. Avvertito Vergilio de la cagione per la quale era chiamato, ancor che de l’omicidio commesso da Vittore fosse innocentissimo, nondimeno, dubitando forse di qualche altro misfatto e conoscendo il governatore uomo ruvido e severo, deliberò fra sé non gli voler andar ne le mani. Onde la notte, dato ordine a le cose sue, s’andò a nascondere nel convento di San Francesco, e questo fu a punto il giorno che Angelo Romano aveva mutato alloggiamento. E per questo v’ho io fatta si lunga narrazione, a ciò che voi sapeste che Lione Aquilino restava senza guida per poter conoscere di vista la sua madonna Bianca, onde si trovava mezzo confuso né sapeva come governarsi. Essendo avvertito che Vergilio era nel luogo di San Francesco, andò a visitarlo e da lui cercò informarsi de l’abito c de le fattezze di madonna Bianca. Vergilio non sapeva che altro contrasegno dargli se non che uno scolare parmegiano, ch’era mancino, con una barbetta rossa, le soleva fare il servidore e di continovo vagheggiarla. Conobbe Lione assai facilmente lo scolare, che dimorava ne la contrada ove egli albergava, ma ne’ la chiesa poi, ove sempre erano molte donne, non poteva ben discernere dove il parmegiano giocasse a la civetta. Ed essendo