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NOVKI.I.A 1-1 49 cena lauta e magnifica, e che oltra l’altre vivande ci fossero duo para di fagiani, ed ella si contentasse che a la presenza sua dicesse tutte quante le poltronerie che di lei sapeva; al che s’accordarono per il giovedì seguente. In quel tempo, ancora che Rocco sapesse assai ribalderie di'lei, nondimeno da molti che la conoscevano intese cose assai più che non sapeva e, a ciò che di memoria non gli uscissero, ne scrisse un lungo memoriale di tre fogli di carta. Egli era bello scrittore e tutte le cose aveva con bellissimo ordine scritte. Or giunta la sera che la cena era messa ad ordine, messer Antonio Romeo, che aveva inteso la cosa e si trovava mezzo ammalato, si condusse a casa dei signori mantovani, per prender alquanto di ricreazione de la disputa che si deveva fare. Erano tutti con Isabella in una sala a torno al fuoco. Cacciò mano Rocco al suo libretto e ad Isabella disse: — Puttana sfacciataccia, questa è la volta che non solamente io ti farò arrossire, ma ti farò crepare. — Ella se ne stava alquanto malinconica e diceva: — Ì£ egli possibile, Rocco, che tu mi voglia morta? Ceniamo in pace, e dopo cena tu leggerai il tuo processo criminale. — No, no — rispondeva Rocco, — io ti vo’ far parer la cena più amara che fele. — E veggendo Isabella che egli era pur disposto di legger prima che si cenasse, pregò molto quei gentiluomini che le facessero far grazia che ella fosse quella che leggesse almeno la prima carta di ciò che Rocco aveva scritto, promettendo non partirsi né straziare o abbrusciare la scrittura, ma letta la prima carta, renderla ad esso Rocco. Parve la domanda non incivile, onde tutti astrinsero Rocco che le compiacesse; il che egli fece. Come ella ebbe in mano la scrittura, ne lesse piano otto o diece linee; poi disse: — Ascoltate, signori, e udirete se mai fu al mondo la più mala lingua di quella di Rocco. — E secondo che deveva leggere il male di se stessa, mostrando non sapere che quivi fosse il Romeo, disse ordinatamente tutte le cose che Rocco aveva in tante volte in vituperio d'esso Romeo dette, biasimando con agre parole la miseria di quello. Pareva proprio che ella ciò che diceva lo leggesse su la scrittura. E quando ebbe detto assai, serrata la scrittura, disse: — Che vi pare, signori, di M. Bandello, Novelle. A